Sebbene la Vigilia e il giorno Natale dominano la scena nelle festività natalizie, altrettanto importante per la tradizione è…
Sebbene la Vigilia e il giorno Natale dominano la scena nelle festività natalizie, altrettanto importante per la tradizione è la celebrazione della festa di Santo Stefano. Il giorno di Santo Stefano è, infatti, una festività che celebra il primo protomartire cristiano. Come per per le prime due festività del 24 e 25 dicembre, anche la festa di Santo Stefano ha una sua tradizione culinaria a cui non si può rinunciare, in particolare a Napoli.
L’antipasto è una portata seria, almeno a Napoli. Quindi, anche durante il pranzo di Santo Stefano la tavola, imbandita sempre a festa, deve rendere onore ai propri commensali con un piatto di affettati misti, formaggi vari e conserve di verdure. I napoletani non vogliono sentire scuse, nonostante le abbuffate dei giorni precedenti, le festività natalizie sono sacre. Ai chili di troppo ci si pensa dopo. Senza nessuna fretta.
Per i primi piatti, i manfredi con la ricotta o, per dirla alla napoletana, ‘e manfredi cu ‘a ricotta hanno un’origine leggendaria. Si narra, infatti, che furono ideati nel 1250 per onorare il Re di Sicilia, Manfredi di Svevia. All’epoca il sovrano era in lotta con il Papato per ottenere il dominio totale su tutta l’Italia Meridionale. Giunto nel Sannio, Manfredi fu accolto dalla popolazione locale con questa deliziosa prelibatezza preparata con il suo formaggio preferito: la ricotta. Solo in seguito ci fu l’aggiunta del pomodoro.
Uno dei contorni più amati dai napoletani durante le festività natalizie è proprio la scarola ‘mbuttunat o, se si preferisce l’italiano corretto, la scarola imbottita alla partenopea. L’etimologia del termine ha una derivazione tardo latina: ‘escarius‘ che significa semplicemente commestibile. La spiegazione non lascia ben sperare sulle qualità organolettiche della “cichorium endivia“. L’alimento è ricco soprattutto di acqua e ci è voluta la sapiente mano napoletana in cucina per trasformarlo in una portata di tutto rispetto.
Come è usanza a Napoli, quando si condisce il primo piatto con la salsa di pomodoro cotta a ragù, il secondo che viene servito a tavola è la carne usata per insaporire ‘o rraù. Generalmente si tratta di carne bovina, lacerto nello specifico che deve essere, senza eccezioni di sorta, di ‘annecchia’, cioè di una vitella giovane che non superi l’anno di vita. Per gli appassionati di cucina e teatro consiglio l’opera “Sabato, domenica e lunedì“ di Edoardo de Filippo dove donna Rosa, la protagonista della pièce teatrale, spiega nel dettaglio come procedere per la preparazione del vero rraù napoletano.
Fonte : PositanoNews.it