Un bellissimo articolo su Cetara in Costiera amalfitana, il regno del tonno, e sulla cucina che è una punta di diamante non solo della Costa d’ Amalfi con riferimento a chi la sta facendo crescere oggi di Luciano Pignataro su Il Mattino di Salerno.
Cetara trent’anni fa: un fuori porta per tanti giovani salernitani e cavesi che raggiungevano il borgo di pescatori di tonno e di alici per mangiare pizzette scadenti, come ovunque si mangiavano all’epoca. Magari un gelato. Alla ribalta solo per New Model Today organizzato all’epoca da Roberto Guariglia che ha portato qui star del calibro di Charlize Theron quando era ancora sconosciuta ai più. E le cronache ci parlano della solita rissa estiva tra giovani per un parcheggio o uno sguardo di troppo dagli ormoni a mille.
Cosa è Cetara oggi: un nome che tutti in Italia conoscono come sinonimo di qualità. Dalle Alpi alle Piramidi non c’è ristorante di grido che non abbia le alici di Cetara o la colatura di alici di Cetara. Tutto grazie alla rivoluzione dei suoi ristoratori che adesso ne hanno fatto un borgo del gusto, un riferimento per tutti gli amanti della cucina semplice.
Pasquale Torrente, oggi più che cinquantenne, è stato uno dei protagonisti di questo cambiamento insieme a Gennaro Castiello e Gennaro Marciante dell’Acquapazza e a Franco Tammaro del San Pietro a cui poi si è aggiunta anche la Cianciola. Quattro erano e quattro sono rimasti, che lavorano a pieno regime.
Tutto parte dalla colatura di alici, ossia il residuo della lavorazione delle alici conservate sotto sale fatto poi affinare e filtrato, usato come condimento. Qualcosa di povero, poverissimo, che si passava di famiglia in famiglia nelle bottigliette ricilate dei succhi di frutta. In questo quarto di secolo è una delle rivoluzioni avvenute anche grazie al grande impulso dato dall’ex sindaco Secondo Squizzato, approdato alla politica dopo essere stato presidente del Presidio Slow Food della Colatura. Una storia che avrebbe potuto essere ancora più bella di quello che è se le gelosie di paese e piccoli rancori fossero stati messi da parte non in nome del buon vicinato, ma dell’interesse commerciale. Del resto, si sa, noi terroni siamo i veri eredi dell’individualismo greco.
E tra le individualità di Cetara Pasquale è quello che emerso di più. «Io non sono più bravo degli altri, solo che ad un certo punto ho pensato che ad apprezzarmi dovessero essere gli altri, perché il mondo è diventato più piccolo di Cetara, ha bisogno di poche cose buone e semplici». Di qui la sua intuizione, inventare la genovese di tonno che lega tradizione cetarese, tradizione napoletana e bisogno di una dieta light moderna. Nasce al Convento, che suo padre Gaetano con la moglie Gilda gestisce dal 1969, allora circolo sportivo, poi pizzetteria. Poi trasformata in trattoria di mare. La semplicità mentre tutti in Italia fanno spume, i prodotti del territorio mentre molti altri comprano prodotti di fuori per fare vedere di non essere provinciali senza capire che è questo il più torbido dei provincialismi, il non essere orgogliosi dei propri vini e dei propri prodotti. Apre dieci anni fa la Cuopperia a ridosso della spiaggia ed è la svolta. Farinetti lo adocchia, lo chiama a Eataly Roma ed è boom. L’esperienza con Oscar è stata fondamentale, mi ha fatto capire bene cosa sia il food cost senza rinunciare alla qualità e a capire cosa pensa il cliente. Non partire da quello che noi pensiamo, ma dalla domanda di chi arriva al nostro bancone. Poi aperture in Turchia, l’esperienza in Franciacorta con la trattoria Burro&Alici su una intuizione di Vittorio Moretti. Da qualche anno Pasquale non è solo: c’è il figlio Gaetano, che ha fatto gavetta da molti chef, Oliver Glowig primo fra tutti. Ed è con lui che fa l’esperienza al Mercato Centrale di Firenze. Oggi il Convento è una impresa con qualche decina di dipendenti sparsi in Italia e si preparar all’avventura di Figo, la grande Edenlandia del Food pensata da Farinetti vicino Bologna.
Ne ha fatta di strada l’ex scugnizzo di Lotta Continua.
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