Quando non c’erano ancora le auto e la strada della Costiera amalfitana veniva attraversata solo da mezzi trainati dai cavalli, esistevano alcune osterie, per lo più collocate lungo il percorso, dove i carrettieri si fermavano per l’abbeveraggio dei poveri animali, assoggettati a un lavoro faticoso, e per rifocillarsi. Tra le pietanze più richieste, specialmente in periodo invernale, c’era la zuppa di soffritto di maiale, ricca di sapore, molto calorica, decisamente piccante. Ma questo non rappresentava un problema, perché era abbondantemente “annaffiata” con un corposo vino tramontano. Piatto povero, sicuramente in disuso, anche se dall’amico Angelo Sammarco, stamane, ho avuto la notizia che è reperibile presso un macellaio di Minori. Ci faccio un pensiero, se non per oggi, sicuramente per un altro giorno.
La zuppa di soffritto, chiamata pure “zuppa forte”, è fatta con ingredienti del maiale che, a solo nominarli, possono provocare nausea: mi riferisco a trachea, polmone e cuore (il cosiddetto “campanale”). Tagliati in piccoli pezzi, vengono innanzitutto lavati per bene, messi a scolare e poi rosolati leggermente nella sugna (sarebbe assurdo usare l’olio d’oliva in questo caso). Dopo di che vi si aggiunge conserva di peperoncini piccanti e conserva di pomodori – quella che, ai miei tempi, si faceva in tutte le case, essiccata al sole – sciolte in acqua tiepida, insieme alla immancabile foglia di lauro.
La cottura continuerà, a fiamma bassa, tenendo presente che il sugo deve concentrarsi ma neppure tanto, in quanto il soffritto andrà servito nel piatto su tocchetti di pane raffermo. Nessuno si scandalizzi che dico che può essere utilizzato come condimento per la pasta. Bucatini, in particolare. Da leccarsi i baffi.
© Sigismondo Nastri , decano dei giornalisti della Costa d’ Amalfi
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