Questo il valore del Gran Galà del Pizzaiuolo svoltosi alla Mostra d’Oltremare di Napoli. Un evento strategico che ha rappresentato un momento storico per la comunità dei pizzaioli partenopei sia per l’ampia partecipazione, con oltre trecento addetti ai lavori presenti, sia per la qualità del dibattito e lo spessore degli interventi che, al di là delle differenze individuali, hanno puntato su uno scopo comune: delineare un percorso di formazione che li renda a tutti gli effetti professionisti nell’arte del fare la pizza. Non è azzardato dire che la serata ha permesso di cominciare a delineare una sorta di mappa geopolitica delle possibili articolazioni, in sintesi delle possibili strategie che le associazioni pensano di intraprendere.
Quasi commosso Attilio Albachiara, promotore dell’evento la cui regia è stata curata da Brunella Cimadomo per la BC Communication, nel vedere riuniti «tutti insieme» Antonio Pace, Presidente Associazione Verace Pizza, Sergio Miccù, Associazione Pizzaiuoli Napoletani, Antonio Starita, dell’Unione pizzerie storiche Centenarie, Ernesto Quintiliani in rappresentanza dell’Accademia Medeaterranea. Il suo obiettivo, infatti, era garantire un momento per la categoria dei pizzaioli.
Antonio Pace, presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, ha ricordato che «nel 1989, quando abbiamo scritto il disciplinare della pizza lo abbiamo fatto con i docenti dell’Università Federico II. Oggi non serve un certificato di crescita ma di operatività. Quello che conta non è che un pizzaiuolo sia napoletano di nascita ma che usi il metodo napoletano’ per fare la pizza».
Più tradizionalista la posizione di Antonio Starita, presidente dell’Unione Pizzerie Storiche Le Centenarie, secondo cui il pizzaiuolo deve restare pizzaiuolo e ha suggerito di restare legati al vero segreto del successo: «saper fare le pizze in modo veloce e preciso, cosa che a Napoli accade. Il segreto di questo mestiere è nella rapidità. Se la pizza deve migliorare ciò deve accadere fuori Napoli dove devono imparare a lavorare in modo tale da poter offrire alle famiglie la possibilità di mangiare, e bene, la pizza anche 2 o 3 volte la settimana».
Umberto Fornito, delegato da Sergio Miccù dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, è convinto che «debba essere lo Stato, con il ministero dell’Istruzione, a riconoscere il ruolo del pizzaiuolo attraverso l’inserimento di corsi ad hoc nelle scuole alberghiere per una qualifica di diploma specifico». E Biglietto ha annunciato di avere «avanzato una segnalazione all’Accademia della Crusca per annoverare nella lingua italiana la parola pizzaiuolo, con la u’ ». Presente all’evento anche l’Accademia Medeaterrranea che, per voce di Ernesto Quintiliani, ha assicurato il proprio impegno per «la formazione a cominciare dalle giovani generazioni».
Soddisfatta della riuscita serata l’organizzatrice: «Il Galà del pizzaiuolo- ha dichiarato Brunella Cimadomo – è servito a tracciare una linea di confine tra il pre e il post Unesco e ad aumentare la consapevolezza dell’intera categoria rispetto alla rilevanza strategica di un intero comparto».
re.ga. Il Mattino
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