Piano di Sorrento. Riportiamo il consueto e sempre interessante racconto del lunedì del Prof. Ciro…
Piano di Sorrento. Riportiamo il consueto e sempre interessante racconto del lunedì del Prof. Ciro Ferrigno: «La storia della pasticceria delle Suore agostiniane è strettamente legata a quella del Monastero ed in particolare alla costruzione della chiesa che è un vero e proprio gioiello sia dal punto di vista architettonico che per i tesori che contiene. Si sa che le cose belle costano e che quando ci si avvicina alla qualità, agli oggetti firmati ed alla produzione di artisti di fama, bisogna spendere con una certa disinvoltura.
Le Sorelle del Conservatorio di Santa Maria della Misericordia capirono che sarebbe stato opportuno industriarsi per contribuire a realizzare la chiesetta, affiancando l’Università del Piano e lo stuolo di benefattori appartenenti a quelle famiglie generose per tradizione, storia e consuetudine. Fu allora, parliamo della seconda metà del Settecento che, per i giorni festivi, cominciarono a produrre dolci da vendere al pubblico. Prima di allora questi erano sempre stati di esclusiva produzione casalinga, ma, poco alla volta le delizie delle agostiniane cominciarono ad essere apprezzate e richieste da tutti. Per grandi quantitativi bisognava prenotarsi con largo anticipo, per un vassoio normale bastava recarsi in portineria e chiedere, aspettando di veder giungere i dolci desiderati, chiusi nella carta velina, attraverso la ruota che portava sbuffi di profumi inebrianti di cannella, vainiglia e fiori d’arancio.
A quell’epoca la maggior parte della pasticceria aveva per materia prima la frutta ed in particolare quella prodotta nei giardini di proprietà del Monastero, quindi squisitezze collegate alle stagioni che vedevano il trionfo di ciliegie ed amarene, fragole, pesche e albicocche, uva e fichi, mele e pere, arance, mandarini e limoni, noci e nocciole e le castagne del Faito. Ma i più attesi erano quelli delle grandi feste, a Natale struffoli e zeppole, mostaccioli, sapienze e roccocò, le sfogliate di Carnevale con le chiacchiere ed il sanguinaccio, le zeppole per San Giuseppe ed a Pasqua il casatiello e la pastiera che profuma di primavera e di resurrezione. Per la Madonna del Lauro e San Michele c’erano pere e melanzane con la cioccolata, mentre la regina dell’autunno era la castagna, utilizzata in tutte le declinazioni possibili. Era una grande festa l’arrivo della frutta dalla campagna ed in genere avveniva la mattina presto, quando si confrontavano due mondi lontani, gli uomini di fatica pratici e scurrili, concreti e già stanchi per la sveglia antelucana e l’invisibile presenza delle suore, nascoste dietro le grate e col viso coperto dal velo. Per gli uomini erano solo delle voci, figure immateriali, forse donne bellissime e tutt’al più incontravano una conversa addetta alla portineria che spesso, di angelico, non aveva niente. Prima dell’uso la frutta veniva selezionata e conservata in locali freschi ed arieggiati, in attesa di essere trasformata in divine prelibatezze. La straordinaria capacità degli abitanti del Piano, di trasformare la frutta in dolci, non sfuggì ad uno scrittore attento come Gino Doria, che ne parlò in più di un’occasione.
Finita la stringente necessità di produrre e vendere per sostenere le spese per la costruzione della nuova chiesa, le Suore cominciarono ad usare il danaro disponibile per la beneficenza ed in particolare per il mantenimento di quei seminaristi che non avevano alle spalle famiglie abbienti. La pasticceria monacale durò all’incirca due secoli, finendo con la Prima Guerra Mondiale, quando la richiesta andò man mano a finire, per il generale impoverimento della popolazione. Con gli anni sono andati perduti ricette e antichi saperi, attrezzi caduti in disuso e principalmente dei sapori che sapevano di natura e semplicità, di tempi andati e assaggi di paradiso.
Solo in anni recenti la madre superiora, Suor Angela ha potuto recuperare la vecchia e gloriosa ricetta della pastiera, custodita dalla sign. Olimpia Cadolini. Per l’impasto occorrono kg 1 di grano e kg 1 di ricotta. Mezzo litro di latte per la crema, gr. 6 o 700 di zucchero, gr. 250 di frutta candita, la cannella a piacere, 18 uova utilizzando tuorlo e albume, un poco di limoncello o liquore Strega, buccia di limone, succo d’arancia, limone o mandarino. Per la pasta frolla è previsto l’utilizzo di olio e latte. Chiudiamo gli occhi e, come per magia lo spazio intorno a noi profuma di Pasqua, di tempi andati e di inebrianti dolci del paradiso!».
Fonte : PositanoNews.it