Piano di Sorrento. Condividiamo il bellissimo ed interessante racconto del Prof. Ciro Ferrigno che, con…
Piano di Sorrento. Condividiamo il bellissimo ed interessante racconto del Prof. Ciro Ferrigno che, con la sua bravura, ci porta alla scoperta di antiche tradizioni legate alla storia del nostro territorio: «Tanti anni fa a Carotto la solennità di San Michele costituiva un momento di festa molto importante e atteso, perché nell’anno le occasioni per ritrovarsi e far baldoria erano poche. Il ventinove settembre il popolo poteva trattenersi fino a tardi in piazza e sul Corso, illuminati da lampade ad olio, dove il contenitore di vetro era ricoperto da carta velina di vari colori. Mani sapienti sapevano creare fantasie di luci, disegni, festoni e ruote in movimento. Mentre la festa in chiesa seguiva la ritualità consolidata nel tempo, quella in piazza prevedeva le bancarelle ed il concerto di una buona banda musicale, che avrebbe eseguito in prevalenza arie famose da opere liriche. Il parroco si circondava di uomini volenterosi da affiancare a quelli dell’Amministrazione della chiesa e, mentre i primi avrebbero organizzato la festa esterna, quelli dell’Amministrazione si sarebbero occupati del predicatore, degli addobbi, i fiori e del banco delle offerte. Era un lavoro duro e l’organizzazione doveva attivarsi con mesi di anticipo; una volta non esistevano i mezzi di comunicazione di oggi e certe prestazioni andavano chieste per corrispondenza, per tempo.
Il Parroco era bene a conoscenza della fatica che stava alle spalle dei festeggiamenti, proprio per questo un anno pensò di offrire un pranzo a tutti i collaboratori, per ringraziarli e stare assieme in allegria in un momento conviviale che avrebbe chiuso il periodo festivo. A tale scopo preparò una cassetta di legno e la mise affianco a quella destinata ai ceri per San Michele e vi scrisse sopra: “offerte per la festa”. Quando a fine mese l’aprì, trovò danaro sufficiente per comperare maccheroni e del buon vino; non sarebbero mancati a tavola la frutta di stagione ed un ruoto di melanzane alla cioccolata delle suore pasticciere del Monastero.
Il Parroco consegnò alla Perpetua la cassetta con le offerte e le chiese di preparare per la domenica successiva, porzioni abbondanti di maccheroni per saziare una quindicina di uomini, quanti erano quelli che avevano collaborato. La perpetua Pasqualina Aversa, piccola di statura, ma di cervello fino, creò una ricetta ad hoc che chiamò i “Maccheroni d’’a Cascetta”, in onore di San Michele. Scrisse su un foglietto, uno per uno, tutti gli ingredienti per cinque persone e, per la tavolata prevista, alla fine, moltiplicò tutto per tre.
Ingredienti per cinque persone: grammi cinquecento di mezzani, duecentocinquanta di pomodori, centosettanta di tracchie, olio d’oliva quanto basta, grammi cinquanta di cioccolata fondente, uva passa e grammi venticinque di parmigiano, una cipolla piccola, foglie di basilico a piacere e mezzo bicchiere di vino bianco.
Vista la grande quantità di cibo da preparare, la Perpetua chiese ed ottenne di essere ospitata nella grande cucina del Monastero, all’epoca di clausura, non avendo, nella canonica, i pentoloni e le teglie adatti al numero di commensali. La solerte Pasqualina ed alcune suore prepararono accuratamente tutto il necessario per realizzare la nuova ricetta. Fecero cuocere la pasta badando che fosse al dente, poi a parte prepararono la salsa, mescolando nell’olio bollente i pezzi di cipolla e la carne ed aggiunsero i pomodori passati al setaccio, il basilico ed il mezzo bicchiere di vino. La cottura durò una ventina di minuti. Dopo aver condito la pasta con la salsa, la Perpetua la ricoprì con i pezzetti di cioccolata, il parmigiano e l’uva passa e rimise tutto nel forno per completare la cottura con altri dieci minuti di fuoco. Da quella cassetta delle offerte, erano nati i maccheroni a cascetta o ‘ncasciati, in onore di San Michele, destinati ad entrare nella leggenda e nella tradizione culinaria del Piano. Oltre alla ricetta suddetta, raccolta da Cecilia Coppola, nel tempo ne sono nate altre, come quella di Luciano Russo che non utilizza tracchie, uva passa e cioccolata, ma uova sode a pezzettini, polpettine di carne e pezzetti di mozzarella in quantità. D’altra parte tutto muta nel tempo, ma resta ferma la volontà di onorare San Michele ovunque, anche a tavola!».
Fonte : PositanoNews.it