Pizza , famiglie e marchio le guerre legali a Napoli e in Campania da Mattozzi…
Pizza , famiglie e marchio le guerre legali a Napoli e in Campania da Mattozzi a Sorbillo , ne parla Luciano Pignataro
Diritto alla Pizza. L’avvocato Angelo Pisani usa le due parole chiave (Diritto e Pizza appunto) che racchiudono il suo lavoro e la sua passione per svelare uno scenario di durissime battaglie legali combattute in famiglia, tra cugini, fratelli, per ottenere la legittimità dell’uso di un marchio che spesso e volentieri corrisponde al proprio cognome. O per accertare la verità storica sulla nascita della pizza margherita o, addirittura, per stabilire la paternità su un festival della pizza.
Battaglie combattute senza esclusioni di colpi che vedono protagonisti alcuni dei più famosi pizzaioli e che Angelo Pisani ha deciso di racchiudere in un libro, Diritto alla Pizza, appunto (pp. 183, Rogiosi Editore) dedicando un capitolo a ciascuna diatriba legale.
LA CONTRADDIZIONE
In fondo il paradosso è proprio questo: ora che sul mondo della pizza piovono milioni di euro, le relazioni sono diventate molto complicate. È finita l’epoca cui, le famiglie gemmavano la propria attività in un altro quartiere quando i figli diventavano grandi e non era più possibile sostenerli con un solo forno. Erano tempi in cui i numeri di oggi, quelle delle duemila pizze il sabato sera per intenderci, erano non una chimera, ma qualcosa che non si poteva neanche immaginare. Sono nate così le saghe familiari, degli Oliva, dei Mattozzi, dei Condurro, dei Lombardi, dei Capasso, dei Pellone, degli Acunzo, quando non c’erano litigi sull’uso del nome raddoppiato. E in fondo uno degli ultimi esempi che si aggancia a queste storie di espansione della pizza dai quartieri più popolari a quelli dei ricchi signori è l’apertura della seconda sede della Masardona a piazza Vittoria. Lo stesso Enzo Coccia, il grande pioniere della pizza napoletana moderna, ha lasciato la pizzeria di famiglia, Fortuna alla Duchesca, per aprire a via Caravaggio dove mai e poi mai nessuno aveva mai fatto una pizza.
L’EVOLUZIONE
Del resto la storia della pizza è questa, prima una lenta espansione entro le mura della città tanto che fino agli ’90, ricorda Franco Manna di Rossopomodoro nella prefazione al libro, la pizza era un cibo etnico con un appeal solo folkloristico. Poi lo sviluppo con i grandi protagonisti, le aperture sempre più importanti, costose, la moltiplicazione non solo dei cognomi ma anche dei nomi e dunque la paura che qualcuno potesse approfittarne. Ed ecco dunque plotoni di avvocati pronti a spargere la carta bollata come principale condimento. Parte proprio da Sorbillo contro Sorbillo, ossia di Gino contro il cugino Luciano, il cammino dell’avvocato Pisani che traccia il quadro di alcune vertenze sulle quali manca ancora il punto fermo fissato dalla magistratura. In questa querelle Pisani è di parte perché patrocina Luciano Sorbillo in una causa nata dopo l’apertura della pizzeria Sorbillo a via De Gasperi. Tra corsi e ricorsi, che sinora hanno dato ragione a Gino, anche l’uso del nome Zia Esterina scomparsa qualche anno fa il cui nome è usato in una catena di friggitorie tra Napoli e Milano.
IL DUELLO
Non meno tosta è la querelle in casa Condurro dopo che un ramo della famiglia ha deciso di fare aperture con il nome «Da Michele». Ma strascichi legali riguardano anche la famiglia Salvo che ha le sue radici a Portici balzata al successo con l’ultima generazione che si è fatta valere sia nella sede di San Giorgio a Cremano (Francesco e Salvatore) che a Piazza Sannazaro (Ciro a 50 Kalò).
Battaglia di trippa con il nome Fiorenzano e persino sulla verità storica contestata sulla nascita della Margherita da Brandi. Finito? No. Battaglie legali per l’uso del termine pizza napoletana per una industria che le congela, per la proprietà di un festival e, dulcis in fundo, è per la bravata di Cracco che ha chiamato margherita qualcosa di poco definito. Dalle carte legali alle storie buoniste, da pagina 105 si entra in un altro mondo, quello della pizza che sorride e che regala speranza, realizza ambizioni, racconta territorio. Ecco sfilare le storie personali di Franco Pepe, Isabella De Cham, Giuseppe Pignalosa, dei Centenari e altri esempi che piacciono all’avvocato Pisani. E non solo a lui viene da dire. L’irresistibile ascesa della pizza napoletana ha dato lavoro non solo agli agricoltori e ai produttori ma anche agli avvocati. E non solo a Napoli. Siano noi a segnalare il caso di Giovanni Santarpia in quel di Firenze che dopo la rottura con la proprietà adesso vede usare il suo cognome, marchio registrato, senza che lui possa più mettere piede lì dentro. In questa orgia di carte bollate, che non sono presidio Slow Food, si celebra in questi giorni il primo anniversario del riconoscimento Unesco all’Arte del Pizzaiolo Napoletano. Alè!
Fonte : PositanoNews.it