Vino novello e castagne davanti a un camino dopo una bella giornata “E’ la morte…
Vino novello e castagne davanti a un camino dopo una bella giornata “E’ la morte sua”, direbbe nostro nonno , qui a Positano in Costiera amalfitana, come a Sorrento, Amalfi o Vico Equense, parlando di queste aree della Campania . Questa ricorrenza, diventata ormai una tradizione, dà il via alla nuova “annata” del vino che si celebra nei giorni 10 e 11 novembre con una serie di manifestazioni che vedono protagonisti eno-appassionati e produttori darsi appuntamento in cantina per degustare il vino nuovo, ovvero il Vino Novello dell’ultima vendemmia che si caratterizza per la particolare piacevolezza di beva.
Sono già alcuni anni che il Novello si ritaglia uno spazio nel mondo del vino, grazie alla sua semplicità e gradevolezza, ispirandosi alle caratteristiche del più famoso Beaujolais Noveau. Il segreto sta tutto nella macerazione carbonica », applicata prima della vinificazione vera e propria, che consiste nell’introduzione dei grappoli interi in apposite vasche sature di anidride carbonica, dove sono lasciati per periodi compresi tra 5-10 giorni a circa 30°C, al fine di favorire la produzione di sostanze profumate e di glicerina, la migrazione di pigmenti e altri componenti dalla buccia alla polpa e la demolizione di parte dell’acido malico. Queste condizioni permettono una parziale fermentazione intracellulare, senza l’intervento dei lieviti, che saranno aggiunti solo successivamente.
La fermentazione alcolica sarà poi rapida (2-4 giorni), al termine della quale i vini presenteranno colori intensi e molto vivaci, profumi floreali, fruttati e vinosi, freschi ed equilibrati, con tannini delicati seppur inadatti all’invecchiamento. Per questi motivi sono gli unici vini a essere messi in commercio così presto, quest’anno dal 30 ottobre come da decreto del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali 13 agosto 2012.
Fra le tradizioni legate al vino e alla cultura contadina una delle più importanti è certamente la festa di San Martino, che si celebra l’11 novembre. «A San Martino ogni mosto diventa vino» è il proverbio che accompagna la degustazione del vino novello proprio in questa circostanza. San Martino è legato anche alla Festa del Ringraziamento al termine delle stagione agricola e nel passato l’11 novembre era la data consueta per i traslochi e il rinnovo dei contratti di affitto dei fondi rustici, dei pascoli e dei boschi. In molte località la festa di San Martino è caratterizzata da sagre, fiere, mostre d’arte …
convegni sul vino, incontri conviviali, spettacoli di canti popolari, degustazioni abbinate a prodotti tipici, pranzi con i vignaioli, passeggiate tra i filari dei vigneti. Molte sono anche le “cantine aperte”, che offrono squisito novello e prodotti tipici della stagione. E “andar per cantine” è per tanti un modo piacevole per trascorrere le giornate, in un’atmosfera che riscalda anche il cuore come la tradizionale tregua del freddo per dare vita all’Estate di San Martino.
San Martino e il vino sono stati cantati in molti componimenti poetici, come la ben nota lirica di Giosuè Carducci La nebbia a gl’irti colli. Ma anche Pablo Neruda, Gabriele D’Annunzio e, nell’antichità, Virgilio e Orazio hanno parlato di questo periodo legato al vino. San Martino e il vino sono protagonisti anche di molti proverbi e canti popolari. Innumerevoli anche i detti legati al vino e tante le raffigurazioni artistiche, come l’affresco con San Martino di Simone Martini, la raffigurazione sulla facciata del Duomo di Lucca, L’investitura di San Martino nella Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi, San Martino e il mendicante di El Greco.
La storia di San Martino affonda le radici in tempi lontani, fra storia e leggenda. Nasce a Sabaria Sicca in Pannonia, l’attuale Ungheria, nel 316 o nel 317. Figlio di un ufficiale romano, passa l’infanzia ed è educato a Pavia e a 15 anni si arruola nella guardia imperiale; successivamente viene inviato in Gallia, poi lascia l’esercito e si batte contro l’eresia ariana; vive per alcuni anni come eremita, diventa vescovo di Tours, fonda uno dei primi monasteri dell’Occidente e muore nel 397.
Da ragazzino ha contatti con i cristiani e, senza che i genitori lo sappiano, frequenta le riunioni dei fedeli e diventa catecumeno. Giovane umile e generoso, la sua vita è legata ad alcune radicate leggende, come quella di tenere puliti i calzari di un suo attendente perché lo considera fratello e quella di donare metà del suo mantello a un medicante vecchio tremante per il freddo gelido. Al gesto del generoso cavaliere segue immediatamente un cambiamento atmosferico e torna un tiepido clima, che si ripete quasi ogni anno, ed è l’Estate di San Martino. Si narra ancora che, la notte dopo il dono del mantello, Martino ha un sogno in cui comprende che il povero era Gesù stesso. Un altra leggenda è legata alle oche, che fanno scoprire il nascondiglio di Martino che non vuole diventare vescovo: perciò in diversi Paesi europei e in Alto Adige c’è la tradizione di mangiare l’oca a San Martino. Diffusa è anche la processione delle lanterne e la tradizione di tenere accesa la lanterna fino a Natale. Non mancano neanche dolci ispirati alla ricorrenza, come il San Martino in pasta frolla a Venezia. (Felice d’Adamo)
Fonte : PositanoNews.it