“Mangiamo qualcosa qui?” chiede mia moglie con quel tono che prelude una decisione già presa….
“Mangiamo qualcosa qui?” chiede mia moglie con quel tono che prelude una decisione già presa. Io, lo ammetto, ero piuttosto restio. Ci trovavamo nel pieno del cosiddetto ristoturistificio, quella zona antica della città di Sorrento dove i ristoranti sembrano più orientati ai turisti che alla qualità culinaria. Con pregiudizi ben radicati, ero certo che ci saremmo imbattuti in qualche piatto mediocre, concepito per palati poco esigenti.
Ma ecco che una cernia fresca, esposta con orgoglio all’ingresso, attira la nostra attenzione. Non resisto: è difficile rifiutare l’invito del mare quando ti parla con tale chiarezza. Decidiamo di sederci, specificando subito, forse un po’ con presunzione, di essere “indigeni e non turisti”. La risposta arriva rapida e amichevole: lo chef, Luigi Tammaro, ci riserva una sorpresa.
“Buonasera, bentrovati,” ci accoglie con un sorriso professionale e caldo.
“Buonasera! Cosa ci avete preparato di speciale questa sera?” chiediamo con la curiosità che si riaccende, sperando di essere smentiti dalle nostre iniziali riserve.
Lo chef, con una disinvoltura che tradisce sicurezza, ci illustra il primo piatto. Guolo con pasta al nero di seppia, ripieno di frutti di mare, ricotta e limone, servito con una bisque di gamberetti come sugo. Una descrizione che già da sola racconta di una ricerca attenta nei sapori e un equilibrio che, a questo punto, speriamo di ritrovare nel piatto.
Dopo i rituali “buon appetito” e scambi di convenevoli, il nostro viaggio culinario comincia. Il piatto si presenta come una piccola opera d’arte: il nero della pasta crea un contrasto affascinante con i toni tenui del ripieno e la bisque di gamberetti è profumata, vellutata, capace di aggiungere profondità senza sovrastare il resto.
Ma la vera protagonista della serata arriva subito dopo. La cernia all’acqua pazza, servita con olive e capperi, accompagnata da una salsina a parte che promette meraviglie. Il pesce è delicato, fresco come promesso dall’esposizione iniziale, e cucinato alla perfezione. La salsetta, un’aggiunta apparentemente semplice, rivela una maestria che, in pochi gesti, riporta in tavola la tradizione mediterranea con una strizzata d’occhio ai palati internazionali.
Qui emerge la doppia anima di Luigi Tammaro sotto la guida di Ketty De Gregorio: da un lato lo chef gourmet, capace di soddisfare i turisti esigenti con piatti raffinati, dall’altro, il custode della cucina del territorio, quella fatta di ingredienti semplici ma straordinari, manipolati con rispetto e creatività.
Alla fine della cena, mentre sorseggiamo un bicchiere di prosecco, ci rendiamo conto di quanto i preconcetti possano ingannarci. Nel cuore del ristoturistificio, dove credevamo avremmo trovato piatti senza anima, abbiamo scoperto invece la passione di uno chef che ha saputo sorprenderci. E non possiamo che sorridere, mentre ringraziamo lo chef per una serata che ci ha fatto dimenticare, anche se solo per un momento, la linea sottile tra turista e locale.
Buon appetito, e che i pregiudizi rimangano fuori dal piatto.
Fonte : PositanoNews.it