Quando in Costiera Amalfitana e Sorrentina si parla di Natale, non ci viene in mente…
Quando in Costiera Amalfitana e Sorrentina si parla di Natale, non ci viene in mente un paesaggio innevato. Babbo Natale da queste parti non arriva sulla slitta volante e forse non ha neanche bisogno del suo pesante abito rosso. Qui a Natale si sente poco freddo e si mangiano pochi panettoni. Qui, come forse in tutto il Sud, il Natale è un’esplosione di sapori, profumi e colori della tradizione, di quella tradizione che tanti anni fa aspettava i giorni di festa per fare sfoggio di quel suo fascino senza tempo, ma pieno di storia.
La gastronomia tipica parla da sola: zeppole, struffoli, roccocò, susamielli e mostaccioli sono solo i dolci e l’elenco non è completo!
Come ogni tradizione gastronomica che si rispetti, il valore aggiunto è dato dal pizzico di storia che si nasconde dietro queste ricette per noi così comuni. Non siamo abituati a prendere in considerazione in valore simbolico che questi dolci rivestivano nella tradizione religiosa del Natale, né a conoscere un po’ di storia riguardo le cose che mangiamo abitualmente.
Gli struffoli sono il dolce che più degli altri rappresenta questo tipo di tradizione, sia per la sua storia, sia per il significato simbolico che riveste il miele che li ricopre, ma soprattutto per le molteplici varianti che se ne possono trovare, ciascuna considerata quella “autentica”, ciascuna tramandata di famiglia in famiglia, o di zona in zona, ma tutte con qualche segreto che rende unico e diverso ogni piatto di struffoli.
Questo dolce, forse il più tipico di tutti, approdò nel Golfo di Napoli grazie ai nostri cugini greci. E sembra greca anche l’etimologia del nome: da strongoulos che vorrebbe dire arrotondato. Ovviamente, l’incertezza genera infinite storie e così il termine “struffoli” è talvolta associato alla parola “strofinare” (si strofina la pasta per ridurla in striscioline da tagliare poi a dadini); qualcuno crede che si chiamino così perché “strofinano” il palato, nel senso di “solleticare”; qualcun altro infine li associa allo strutto che anticamente veniva utilizzato nell’impasto e al posto dell’olio per la frittura.
I Mustacciuoli
Dalla forma romboidale ricoperti di glassa al cioccolato. Due le versioni sull’origine del loro nome: la prima è quella che li vuole legati ad alcune antiche preparazioni contadine che utilizzavano il mosto, col quale venivano preparati per essere addolciti e mustacea era infatti il loro nome latino;
l’altra riferisce dei mustacchi che sono i folti baffi lunghi molto in voga il secolo scorso, li troviamo infatti citati in numerose opere letterarie e teatrali partenopee, e si chiam
ano appunto così perchè ricordano dei baffi, a causa della loro forma. Un dolce molto simile è il Printen tedesco. Sono imbottiti con miele e frutta candita.
Negli ultimi anni sono nate molte varianti nelle quali la glassa al cioccolato è sostituita da coperture cioccolato bianco o da una glassa di zucchero e canditi.
I Susamielli e le Sapienze
A forma di ‘S’ i Sosamielli venivano impastati con del miele liquido. Venivano serviti il mattino del 25 dicembre insieme ai raffioli, ai mustaccioli ed ai roccocò.
Anticamente venivano distinti in sosamiello nobile, preparato con la farina bianca e v’era l’usanza di offrirlo alle persone di riguardo, il sosamiello per zampognari, impastato con farina ed elementi di scarto, che veniva offerto al
personale di servizio ai contadini in visita e a coloro che venivano a suonare in casa, ed per ultimo il sosamiello del buon cammino imbottito con la marmellata di amarene e che veniva offerto alle sole maestranze religiosi.
Una curiosità intorno a questo dolce, utilizzare l’appellativo: “Sei un Susamiello”, non è affatto un complimento e chissà, forse per la durezza e secchezza del biscotto, nel lessico tradizionale si indica una persona pesante e seccante.
Le Sapienze
Devono il loro nome alle ” Monache del Trentatre “, chiamate così perchè alloggiano in un Convento di Clausura che si trova al numero civico 33 di Via Sapienza, una strada del centro antico di Napoli.
Paste del Divinamore
Realizzati su di una base di pan di Spagna, imbottiti con pasta di mandorle e canditi e ricoperti di una tenue glassa rosa traggono il loro nome dalle Religiose dell’omonima comunità di clausura.
Il Roccocò
Dolci a forma di ciambella, in cui, ancora una volta, il profumo degli agrumi rimanda il nostro pensiero al mediteranneo, alle sue coste ed ai suoi giardini in fiore.
Dolci impenetrabili, duri, adatto a chi ha denti solidi, il suo nome viene dal francese rocaille per la barocca e rotondeggiante forma di conchiglia.
È un biscotto particolarmente duro quindi può essere ammorbidito bagnandolo nel vermouth, nello spumante, nel vino bianco o nel marsala.
Fonte : PositanoNews.it