Piano di Sorrento (NA) – Nell’ambito delle celebrazioni per i 25 anni della Dieta Mediterranea, ieri sera si è tenuto un evento dedicato al pesce azzurro, vero simbolo di sostenibilità e salute nei mari italiani. La serata, condotta con garbo e professionalità da Maria Grazia Cocurullo, ha avuto come protagonisti Antonio Cafiero, storico chef del ristorante “La Conca” di Meta, e Luigi Maresca, giovane e promettente chef locale, entrambi ambasciatori della tradizione e dell’innovazione culinaria.
La conferenza ha preso il via con un approfondimento sulle tecniche di lavorazione e preparazione delle alici, cuore pulsante della tradizione gastronomica campana. «La cucina è personale, è un legame profondo con la propria famiglia e le proprie radici», ha spiegato Antonio Cafiero, che ha condiviso i suoi segreti su come dissalare e valorizzare il sapore autentico delle alici. Tra i suoi consigli, l’uso di un panno umido per eliminare il sale in eccesso e il rispetto della materia prima, da esaltare con semplicità: «Una fetta di pane, un po’ di burro aromatizzato al basilico, qualche goccia di limone e un filo d’olio sono tutto ciò che serve per esaltare le alici».
Luigi Maresca, invece, ha raccontato il suo percorso, iniziato tra i fornelli della nonna e maturato con anni di esperienza al ristorante “La Conca”. «Ho iniziato per passione, osservando chi cucinava con amore e dedizione», ha raccontato. Durante la serata, lo chef ha illustrato la preparazione delle alici marinate, condividendo ogni dettaglio: dalla marinatura con vino bianco, aceto e sale, fino all’importanza dell’abbattimento della temperatura per garantire la sicurezza alimentare. «L’abbattitore è fondamentale per eliminare il rischio di anisakis, un parassita che può annidarsi nei pesci crudi. In ristorante seguiamo regole precise: ogni processo è tracciato e certificato», ha sottolineato Maresca.
L’evento ha anche messo in luce la sostenibilità del pesce azzurro, una risorsa abbondante e preziosa nei mari italiani. «L’acquisto delle alici è una scelta sostenibile e accessibile, in linea con i principi della Dieta Mediterranea», ha aggiunto Maria Grazia Cocurullo, rimarcando il valore culturale e ambientale di questa scelta alimentare.
Parliamo di costardelle, aguglie, aluzzi, pesce bandiera, sciabola o cintura, e dell’altra parte della famiglia dei Tuni, come il tonno alletterato. Questo tonno prende il nome dai segni sul suo dorso, che sembrano quasi consonanti o una scrittura.
Insieme a questi troviamo la palamita, lo sgombro e la lunga chiamata “allala” da noi. È un meraviglioso pesce con pinne branchiali così grandi che somiglia a un aereo sott’acqua. Chi l’ha visto in movimento lo descrive come un sottomarino volante.
Questi pesci sono ricchi di ferro, calcio, ma soprattutto grassi insaturi e Omega-3. Nella cucina moderna, li sfilettiamo e li trasformiamo in piatti fantasiosi, ma io preferisco sempre una cucina semplice, legata alla tradizione. Quando cucinati in modo semplice – alla griglia, all’acqua pazza, in tortiera o con capperi, olive e pomodorini – questi pesci esprimono il loro meglio.
Vorrei soffermarmi sulle alici, a cui sono particolarmente legato. Ricordo quando le pescatrici, le mogli dei pescatori, salivano dalla Marina di Cassano con i cesti sulla testa, urlando per vendere il pescato. Le alici costavano pochissimo ed erano alla portata di tutte le famiglie.
Le alici sono un pesce gregario, e nei mercati di Napoli si fa una distinzione tra “alici” e “acciughe”. Gli esemplari più giovani e sottili sono chiamati alici, mentre quelli più grandi e maturi sono acciughe. Ricche di calcio, ferro e Omega-3, le alici aiutano a prevenire malattie cardiovascolari come ischemie.
Le alici si possono consumare sia crude che cotte, ma è fondamentale abbatterle prima di mangiarle crude. Vanno tenute per 24 ore a -21°C per eliminare il parassita Anisakis, che può causare gravi problemi di salute. Altrimenti, basta cuocerle a temperature superiori ai 60°C per neutralizzare il parassita.
Le alici sono un ingrediente versatile: si possono marinare, salare, usare per fare salse o condimenti con olio, aglio e basilico, oppure per condire insalate o patate. Sono diffuse in tutto il Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico, nel Mar Nero e persino nel Canale di Suez.
Le alici del nord della Spagna, dal Mar Cantabrico, sono particolarmente pregiate grazie alle acque fredde che le obbligano a muoversi costantemente, accumulando così uno strato di grasso che le rende più saporite.
Anticamente, i Siciliani introdussero il metodo della salatura, stabilendo piccole industrie artigianali sulla costa per conservare le alici sotto sale. Ogni alice può produrre fino a 40.000 uova, trasportate dalle correnti marine.
Le alici sono perfette per piatti come spaghetti con alici fresche, prezzemolo, finocchietto selvatico, o con alici di Cetara sott’olio e pane saporito. Nei ricordi di tanti, ci sono i vasetti di terracotta con coperchio in legno e pietra per la conservazione.
Un altro piatto tradizionale è rappresentato dalle alici imbottite (“imbuttunate” in dialetto), farcite con caciocavallo o formaggi avanzati, poi infarinate, passate nell’uovo e nel pangrattato, e infine fritte.
Si possono preparare anche tortini di alici, parmigiane di alici con provola, patate e pangrattato, cotte in forno a 200°C per circa 20 minuti.
Le alici rappresentano un legame con la mia infanzia, quando erano il pesce dei poveri, spesso destinato al consumo familiare poiché i frigoriferi non esistevano e il pescato non venduto non andava sprecato.
Oggi, c’è un fermo biologico per le alici nel Mediterraneo tra il 29 settembre e il 30 ottobre, ma in quel periodo arrivano quelle pescate nell’Atlantico.
Un ultimo ricordo: le cianciole, attrezzi da pesca usati nelle lampare. Le barche prendevano il nome dalla cianciola, una rete a circuizione usata per catturare le alici attirate dalla luce delle lampare.
Fonte : PositanoNews.it