«Senza letteratura/letterature non ci sarebbero mondo e mondi, ma solo un pianeta senza nemmeno la geografia e un dominio della violenza senza nemmeno la retorica: una terra desolata. Con il deserto che cresce, addirittura oltre noi» . La letteratura, la poesia, sono foriere di dialogo che avvicina tutti i credenti, pellegrini che per strade diverse tendono alla stessa meta, e inaspettatamente scoprono che i loro percorsi sono convergenti. Anche noi cristiani, nell’affiancarci ai nostri compagni di strada, possiamo prendere atto della diversità d’origine e appartenenza di ciascuno di loro. Ma procedendo con loro potremmo scoprire che anch’essi vanno nella nostra stessa direzione e che tutti, noi compresi, siamo viandanti in cerca dell’Assoluto. Tutti orientati verso «terre e cieli nuovi» . Certo non si può parlare di Dio che all’interno di una concreta situazione linguistica, dove la verità è declinata in un particolare lessico e risuona persino di inflessioni locali. Può per questo apparire come la “propria” verità. In realtà, essa è inesauribile, come gli infiniti linguaggi in cui può essere detta e sempre nuove forme d’ermeneutica con cui può essere compresa. Il dialogo è quel momento in cui due o più persone fanno uso diretto della parola. La discussione dialettica sceglie come punto di partenza ciò che Aristotele, nella sua Topica (100 a 30) definisce éndox, ossia, l’idea ammessa, l’idea di accettazione generale, ciò che dice la gente . Niente è più vivo della necessità di negare, di superare ciò che è stato detto dall’altro, di persuadere qualcuno basandosi cu ciò che egli erroneamente pensa, su ciò che è stato detto e ascoltato in una conversazione .
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