L’attimo in cui si spengono le luci, si apre il silenzio, il buio è accompagnato…
L’attimo in cui si spengono le luci, si apre il silenzio, il buio è accompagnato dal brusio del tendone, l’occhio di bue sfoca il palco, comincia un mondo incantato a forma di specchio. Il teatro è quell’istante in cui, come diceva Eduardo, «si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita». Farne ragione della propria esistenza significa far parte della grande magia e per questo il libro di Giuseppe Mascolo ha un titolo wertmulleriano perché non riusciva a contenere tutto il suo amore per questo mondo: “Tato e il Sogno del Teatro. Una follia d’amore che investe il Bellini e il teatro Napoletano-I luoghi dell’anima per una cultura rinnovata al Sud”. Il volume, pubblicato per i tipi di Formare, è la storia del suo rapporto con l’arte teatrale, l’avventura napoletana al Bellini con Tato Russo, i progetti di riscatto nell’Agro nocerino sarnese e di valorizzazione in Costiera amalfitana. Una storia che dura da più di quarant’anni, partita dalla sua città, Angri, e adesso trasferita su carta. «Il libro nasce da una richiesta fattami da Tato, scrivere un libro sui vent’anni di lavoro insieme – dice l’autore – Così ho voluto raccontare un percorso lungo e personale, a partire dalla gestione del teatro Bellini, edificio di un albergatore napoletano, che trovammo in disuso perché era un cinema a luci rosse». Sono gli anni Ottanta. Quando vedono la struttura si rendono conto della sfida mastodontica, che poi sono le sfide dei magnifici folli, di quelli che provano a immaginare nuovi mondi. «Dovevamo capire che tipo di teatro fare – ricorda Mascolo – Nacque la visione di un teatro concorrenziale con il Piccolo di Milano, seguendo l’idea di Strehler e Grassi sul piano della intuizione. Venne fuori un teatro che si muovesse nella logica nazionale e che prevedesse uno sbocco di lavoro per il Mezzogiorno. Avevo avuto impegni nel Consiglio nazionale dello spettacolo con Sergio Zavoli, occupandomi di tutto quello che riguardava la società, l’industria e l’economia in generale». Prima ancora si era occupato di psicologia e psicoantropologia, andando all’Italsider di Napoli dove si interessava di formazione. «Ebbi come maestri Enzo Spaltro e Domenico De Masi. Feci a Milano la scuola di psicologia dell’organizzazione, ma invece di continuare lì, decisi di essere utile nella mia terra. Fu Tato a dirmi che aveva visto questo luogo – continua Mascolo – Ho ricoperto diversi ruoli, da direttore generale alla gestione delle relazioni esterne. Mi contornavo di giovani e mi dedicai all’accademia d’Arte drammatica. Un capitale umano formato grazie ai rettori come Franco Carmelo Greco, Claudio Vicentini, Romualdo Marrone». Il libro parte con l’inaugurazione del Bellini e le prime messinscena: “L’opera da tre soldi” di Brecht, “Napoli Hotel Excelsior” di Viviani. Inizia a delinearsi il progetto di un teatro della gente, da marciapiede ma raffinato. Sono tutti d’accordo: critica (con Enrico Fiore, Giulio Baffi e Stefano de Stefano) e pubblico. Si mettono insieme arti visive, danza, cinema. Quello che Mascolo chiama “popolarismo dei quartieri”, capace di attrarre cittadini dai Decumani, dai vicoli del Cavone, diseredati e borghesia, colti e ignari del teatro. Mascolo gestisce i rapporti con Jean Noel Schifano, Gerardo Marotta, Cesare de Seta. Ben 30 i capitoli che ne riassumono l’epopea con sprazzi su Gabriele Lavia, Monica Guerritore, Glauco Mauri, il premio “Naples in the world” allo Sporting Club di Nocera Inferiore con Ettore Scola, Roberto Murolo, Aldo Giuffré, il festival delle arti tra Scafati, Angri, Sant’Egidio, Corbara, e poi in Costiera, ad Amalfi e Minori. «Insomma questo libro parla di un modello possibile di teatro, vicino al territorio e alle sue comunità – conclude l’autore – Un teatro che unisce tutto, che si esprime fuori e valorizza i talenti».
Davide Speranza
Fonte : PositanoNews.it