Domani sera, alle 20,15 il nostro pianista si esibirà nella sala del Municipio di Lommel in Belgio
Di OLGA CHIEFFI
Solo successi per la scuola italiana di pianoforte in questo principio splendido d’autunno. Dopo Costantino Catena a San Pietroburgo, sarà Paolo Francese ad essere ambasciatore del nostro particolare sentire musicale, fatto di ghiaccio e di fuoco, ospite della XV edizione di PianoTune, promossa dalla Chopin Associatie Vlaanderen. Domani sera, alle ore 20,15 nella sala del Consiglio del Municipio di Lommel, Paolo Francese proporrà all’attenta platea belga una summa di compositori che spazieranno da Scarlatti a Ginastera, per onorare il tema della rassegna, dedicata all’evoluzione della Sonata dal XVIII al XX secolo. “Non ti aspettare, che tu sia dilettante o professore, di trovare in queste composizioni un’intenzione profonda, ma piuttosto un’ingegnosa facezia dell’arte per esercitarti ad un gioco ardito sul clavicembalo”, scrive Domenico Scarlatti sul frontespizio delle sue Sonate. Paolo Francese ha deciso di mostrare attraverso due pagine del genio napoletano il completo ventaglio dei personalissimi caratteri stilistici scarlattiani, come, ad esempio, la concisione e insieme inesauribilità delle invenzioni melodiche e ritmiche, o le soluzioni tecniche esecutive, spinte in molti casi verso una gestualità molto impegnativa dell’interprete, la capacità discorsiva del linguaggio musicale di prefigurare un piano di sviluppo delle idee e delle loro concatenazioni, con il risultato della costruzione di un paesaggio sonoro inedito e originale. Deciso balzo in avanti con le 10 variazioni e fuga in forma libera sul Preludio di Chopin op.22 dedicato da Ferruccio Benvenuto Busoni a Carl Reinecke, attraversate da una forte influenza brahmsiana, in cui il tema di Chopin è veramente solo un pretesto, o meglio, proficuo materiale di base per ardite escursioni in vasti campi, nei quali Busoni si addentra con passo baldanzoso e non sempre controllato, memore della lezione beethoveniana delle variazioni Diabelli. Il rècital proseguirà con la Sonata op.53 n°5, in Fa diesis, di Aleksandr Nikolaevic Skrjabin, che segna il momento in cui il misticismo del genio russo diventa visionario. Un mondo allusivo e misterioso, fatto di improvvise estasi e di altrettanto repentini furori. Con la Légende n. 2, la leggenda di San Francesco di Paola che cammina sulle acque, si passerà, quindi, al virtuosismo lisztiano e all’ispirazione letteraria – e religiosa. Lo spunto proviene dalla Vita di S. Francesco da Paola di Giuseppe Miscimarra. Le acque sono quelle dello stretto di Messina, acque agitate, che dopo il tema-corale dell’inizio vengono rese descrittivamente tramite tremoli, arpeggi e gli immancabili passi di ottave – ma giungerà il grande Santo a calmare la tempesta. Finale argentino con il primo lavoro pianistico di Alberto Ginastera, le tre Danzas Argentinas op. 2, scritte nel 1937. Le danze appartengono a quello che l’autore stesso definisce “nazionalismo soggettivo” e si inseriscono in quel recupero di materiale musicale autoctono iniziato pochi decenni prima da Julian Aguirre e Alberto Williams. Al fine di ricreare lo spirito folklorico del suo paese, nell’opera di Ginastera convivono, sintetizzate in uno stile nuovo e personalissimo, la tradizione ibero-americana e la lezione dei grandi compositori europei: la bitonalità di Stravinskij, i “grappoli di note” di Debussy, l’ostinato e il “folklore immaginario” di Bartók si sposano con primitivi ritmi di danza, scale pentatoniche, melodie creole. A fare da collante tra i due mondi è la chitarra, strumento migrante e profondamente radicato nel popolo argentino, simboleggiata dal cosiddetto “guitar chord” (ottenuto dalle sei corde vuote), elemento che Ginastera utilizzerà nel corso della sua intera produzione, anche per altri strumenti. Pensate come tre movimenti di sonata, la prima e la terza danza sono dei vigorosi malambos, tipici balli che i gauchos eseguivano per gareggiare ed esibire la loro forza fisica; femminile nel titolo e nella dedica (Danza della fanciulla graziosa, per Emilia A. Stahlberg) è invece la seconda danza, dove un ritmo di zamba lenta supporta una lasciva e malinconica melodia criolla.
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