Domenica al Cinema, abbiamo scelto Bob Marley al Delle Rose a Piano di Sorrento, un…
Domenica al Cinema, abbiamo scelto Bob Marley al Delle Rose a Piano di Sorrento, un biopic mozzafiato Ziggy Marley, figlio di Bob Marley ha scelto Kingsley Ben-Adir nel ruolo del padre per il biopic Bob Marley: One Love, ora nei cinema italiani dopo il successo straordinario ottenuto negli Stati Uniti. «Ho imparato a suonare la chitarra e a muovermi come lui, ho imparato le sue espressioni facciali, a indossare i dread. Ho imparato, dunque, ad interpretare un mito».
Ben-Adir, che il pubblico ha recentemente visto in Barbie, ad interpretare uno dei tanti Ken del film, ha deciso di accollarsi un rischio e una responsabilità: «È stata una scelta pericolosa perché non sono un musicista e non capisco la musica se non per un ascolto superficiale, come tanti. Mi sono imbarcato in questo viaggio partendo da zero. Ho voluto imparare a suonare la chitarra non tanto perché fosse una necessità – possono sempre doppiarti mentre tu fingi di suonare, oppure possono inquadrarti in modo che la chitarra non sia in campo – ma perché non sarebbe stato, quello di fingere, il giusto modo di approcciarsi ad un personaggio così leggendario». Ben-Adir ha voluto cercare di capire che cosa significhi avere la musica dentro. «Ho imparato ad esempio che Bob amava alzarsi prestissimo la mattina, prima del sorgere del sole e scrivere le sue canzoni all’alba. L’ho fatto anche io e l’ho apprezzato moltissimo».
Diretto da Reinaldo Marcus Green, il regista di King Richard – una famiglia vincente, biopic con Will Smith sul padre delle sorelle del tennis, Serena e Vanessa Williams, il film inizia raccontando la crisi politica in Giamaica degli anni Settanta e la creazione dell’iconico album Exodus, offrendo uno sguardo intimo sulla vita del reggae grazie soprattutto ai ricordi di coloro che gli erano vicini. «Capire la relazione che aveva Bob Marley con la musica è stato per me una scoperta incredibile – dice l’attore – quando si è trattato di imparare le sue canzoni ho iniziato da Redemption Song e da No woman, No Cry perché erano le canzoni che allora conoscevo, quelle che conoscono tutti. Ora apprezzo titoli meno conosciuti e più intimi. Ora posso dire che prima non lo conoscevo affatto. La sua musica, i suoi messaggi, la spiritualità che esprime li ho scoperti solo facendo questo film, scavando a fondo nel personaggio e nella sua anima. Io credo che la musica lo abbia salvato. Scrisse la sua prima canzone quando era ancora un bambino e la chitarra, che gli fu regalata intorno ai 14 anni, divenne il suo modo per uscire dall’emarginazione, la sua redenzione attraverso l’espressione della sua creatività. Ci lavorò molto e imparò a dominare lo strumento».
Kingsley Ben-Adir si è preparato guardando soprattutto i video di Marley e della sua musica. «Ascoltando una registrazione del 1971 e una del ’79, si nota la crescita straordinaria dell’artista, sia dal punto di vista tecnico che creativo. Questi dettagli non sarei stato in grado di coglierli se non avessi cercato anche io di imparare a suonare e se non fossi stato sul set circondato da musicisti. Durante le riprese sono stato letteralmente abbracciato dalla cultura e dalla musica jamaicana».
Fra i musicisti autori di quell’abbraccio c’è il figlio di Bob Marley, Ziggy, che è fra i produttori del film e che ricorda il momento del commiato dal padre: «Ero a casa della nonna, quando mio padre morì. Ero un bambino. Mia nonna non dovette dirmi nulla, avevo capito». A soli 36 anni Bob Marley morì dopo essere stato colpito, solo pochi mesi prima, da una rara e aggressiva forma di melanoma. Alla fine, ridotto a uno scheletro dovette tagliare i suoi famosi dread, perché non riusciva più a reggerne il peso. «Deve essere stato tremendo per lui. Facendo ricerche ho visto molte interviste in cui, prendendo tra le dita una ciocca di capelli diceva: questa è la mia identità. Allo stesso modo per me, indossare le parrucche, così reali, create dal reparto trucco, mi ha agevolato nel lavoro, mi faceva identificare in lui».
La moglie di Bob Marley, Rita, nel film è interpretata da Lashana Lynch. «Rita piangeva quando morì e lui le disse: perché piangi? Non devi piangere, devi cantare. E Rita capì: si muore solo quando si è dimenticati ed è per questo che Bob Marley vive».
Il regista e gli attori sono stati d’accordo soprattutto su un punto: quello che doveva emergere dal racconto era il Bob Marley essere umano prima che l’artista e l’attivista. «È successo spesso che i suoi messaggi venissero politicizzati ma Bob Marley molte volte ha ribadito di non essere un politico e di non voler fare politica – conclude Ben-Adir – lui cantava e scriveva di cose che vedeva intorno a lui. Cantava la sofferenza della gente di colore nel mondo perché era quello che incontrava. Non perché avesse ambizioni politiche ma perché quello che vedeva lo emozionava».
Fonte : PositanoNews.it