Domani, dalle 8:30, alla Scogliera, il sassofonista Claudio Cardito, noto sassofonista napoletano, trasmetterà il concetto…
Domani, dalle 8:30, alla Scogliera, il sassofonista Claudio Cardito, noto sassofonista napoletano, trasmetterà il concetto del suo nuovo libro didattico intitolato “Evoluzione del Pensiero Libero,” che esplora la musica e l’improvvisazione come espressioni innate e profonde dell’essere umano. L’improvvisazione permette a ciascuno di esprimere liberamente la propria individualità attraverso il suono. In occasione dell’evento, si esibirà insieme al batterista Pasquale De Paola, al bassista Mario Mazzaro e al pianista Pasquale De Rosa, eseguendo una serie di brani inediti dove l’improvvisazione sarà la protagonista.
Pubblichiamo brani tratti da una intervista
“…sono partito dallo studio che dura da anni ormai con il Maestro dei Maestri George Garzone e da un’intuizione, che partiva dalla ” evoluzione del pensiero libero” di John Coltrane con la parte didattica che ho scritto; ma questa intuizione ha avuto uno sviluppo anche grazie a una persona che vorrei citare e ringraziare per l’occasione, il Prof. Corrado Malanga, che oltre ad essere un grandissimo scienziato è anche un pianista. Oltre ad aver seguito i suoi insegnamenti per anni, l’ho anche sentito suonare il pianoforte tra una conferenza e l’ altra e mi incuriosì molto. Successivamente, ho seguito ancora meglio certe cose che lui descriveva e ho iniziato a capire che la sua visione corrispondeva molto a quello che io pensavo e penso, ovvero che l’ essere umano è fatto di più parti, anima, mente e spirito, tre parti divisibili, unite in una struttura, il corpo, che ci rappresenta fisicamente come esseri pensanti.
A quel punto, partendo dall’ idea di Coltrane che parlava dello specchio da pulire, in cui veniva riflessa la propria immagine e la propria anima, ho continuato ad immaginare che cosa potrebbe succedere grazie alla musica nell’essere umano in tutta la sua interezza e non solamente nel musicista, se avesse a disposizione un mezzo per poter aumentare le proprie capacità. Questo mezzo per me consiste in una nuova idea di improvvisazione. Le tre sfere, ovvero, la visione delle cose, che io associo all’armonia musicale, il sentire profondo che associo alla melodia e la volontà spirituale che associo al ritmo, prese singolarmente all’inizio, dovranno poi essere messe in contatto tra di loro. Nell’ idea jazzistica dell’assolo, ci possono essere degli sviluppi di un certo tipo e schemi molto spesso ripetitivi. Ecco, potrà succedere di assistere, a volte, ad una mancanza di integrazione casuale delle parti. Le criticità che avvengono, quando incontriamo questo tipo di dissociazione, producono poi un effetto di allontanamento nell’attenzione e dallo scopo stesso di suonare insieme. E la percezione del ascoltatore indubbiamente ne risente. Considerando ciò, a quel punto, ho cercato di fare qualcosa, creando dei brani che avessero queste tre componenti ben distinte tra di loro, ma complementari e assegnando musicalmente dei ruoli ben definiti ad ogni elemento del gruppo, creando una sorta di esaltazione della propria unicità che tra l’altro è risultata evidente anche dal punto di vista caratteriale. Ecco perché prima ti parlavo dei componenti del trio con cui lavoro, come dei musicisti eccezionali! Per me, Mario e non solo per il suo ruolo di contrabbassista, ha una visuale davvero ampia. Lui, tra l’altro, è anche fotografo! Ed Enrico è capace di accedere a qualsiasi territorio sempre in maniera artistica anche e soprattutto nell’imprevisto.
L’arte a tutto tondo. Poi alla fine, quando si è in questo senso eclettici , ci si sa presentare e rappresentare, comunicare agli altri, tirando fuori il meglio di ciò che si è e ne risulta quindi che voi, tutti insieme, arriviate alla purezza del suono per far giungere a chi ascolta la miglior parte di voi.
Ti ringrazio perché lo noti e lo evidenzi! Effettivamente è riscontrabile questo, perché c’è un’autenticità; anche dopo aver riascoltato i brani molte volte, abbiamo constatato che questa unicità era ancora presente.
Continuando sulla linea del discorso, sul comunicare all’ascoltatore il meglio di ciò che si è attraverso la purezza del suono, visione squisitamente psicologica nella comunicazione e comprensione con gli altri, con il trio questa sintonia è presente, però tu Claudio, come fai a dare una realizzazione a questa comprensione, a prescindere da Carditology?
Innanzitutto io credo che sia tutto integrato, una sola cosa, ma detta così non c’è nulla di nuovo, perché tutti i musicisti pensano così. Quello che io ho cercato di fare è stato prima, separare le parti e poi immaginarle di nuovo insieme. Infatti i brani è come se fossero composti da tre melodie: tre brani in uno, se tu senti singolarmente le parti di ognuno di noi (chiaramente è un po’ difficile avendole registrate in presa diretta), i brani sono chiaramente interdipendenti, cioè il contrabbasso fa qualcosa che è a se’ stante, la batteria lo stesso e il sassofono anche. Io ho cercato di creare questo tipo di territorio e mi sono dedicato a quella cosa lì, ho fatto in modo che la composizione risultasse di tre parti contemporaneamente. Un po’ come le monodie e i brani di Bach in contrappunto, solo che qui nel nostro caso, con tre strumenti diversi e chiaramente in stile contemporaneo.
La cosa fantastica è il fatto che, all’ascolto, tutti gli strumenti risultano fusi e collegati perfettamente tra di loro, ma ognuno, pur essendoci questa unione, mantiene la sua unicità, non togliendosi a vicenda il proprio carattere distintivo.
Sono troppo contento che ti sia arrivato questo, perché è il mio intento!
In una nostra precedente intervista hai posto l’accento sulla necessità di Coltrane, nel volersi “ liberare” e anche nel tuo libro compare questo concetto, che è espresso con il nome di Freedomness. Che cosa ha ispirato in te, la necessità di avere un’improvvisazione “ non improvvisata”, cioè non a caso, nel tuo modo di stabilire le armonie?Da dove parti?
Da un concetto che ho cercato poi di ri-trasmettere ai miei amici musicisti, ovvero in qualche modo bisognava rendersi coscienti, per meglio dire, che il libero arbitrio è una prigione. Che cerco di dire con questo? Il libero arbitrio è quella finta libertà che ti illude di poter fare quello che vuoi. Invece io penso che non si è liberi affatto!
Il musicista ugualmente non è libero, basti pensare solamente che se noi immaginiamo una sequenza di accordi dentro la quale stare, oppure una griglia ritmica nella quale muoversi, vuol dire che quella melodia che andremo a creare, seguirà una direzione già conosciuta piuttosto che un’ altra sconosciuta ed inimmaginabile. Allora vuol dire che se riusciamo ad immaginare già tutto non stiamo creando niente: e perché mai? Perché l’idea stessa di avere libero arbitrio ci delimita l’azione a qualcosa che riconosciamo ed il musicista più sarà esperto, più tenderà a riproporre le cose, andandosi a rifugiare in una comfort zone, dentro la quale immaginare magari cose bellissime, che suonano favolosamente secondo i principi del sistema tonale, ma che di primitivamente crudo non hanno alcunché di improvvisato.
Parlando di prevedibilità e ripetitività, nel Cap.2 del libro affronti il discorso sull’ approccio della triade cromatica, per George Garzone, il quale consiglia caldamente di non cadere appunto nell’errore della ripetitività esecutiva. Quali sono le tue regole d’oro personali, i consigli che daresti ad un musicista, ai tuoi studenti o a tutti quelli che si affacciano allo studio sull’improvvisazione jazz, per ottenere una buona capacità improvvisativa?
Se si parte da zero, io credo che bisognerebbe imparare prima quanto più possibile, quello che riguarda il sistema dentro al quale ci troviamo nel sistema tonale ovvero le scale, gli accordi, arpeggi, permutazioni, quadriadi, pentatoniche, etc …più tutta la parte armonica, ovvero quella funzionale, le combinazioni. Non ne parliamo poi dal punto di vista ritmico, nel quale troviamo un’ infinità di mondi da imparare! Per poi arrivare a liberarsene. Chiaramente c’è un problema: a chi non fa il musicista di professione non potrà bastare una vita intera per imparare tutta questa vastità di mondi e a questo punto, io cerco di restringere il campo d’ azione, anche per chi non ha moltissimo tempo a disposizione e dargli delle indicazioni precise per potersi giostrare da un punto di vista concettuale, quello che poi sarà l’improvvisazione. Nella mia didattica ad esempio, anche ai ragazzi che suonano da pochi mesi o pochi anni, ho inserito dei principi di non ripetitività, che ho chiamato esplorazione. Nella fattispecie, faccio imparare tutte le scale nelle zone degli accordi, che possono essere varie. Poi, in alcune modalità, a cui ho dato dei nomi e delle connotazioni precise. Una volta che gli allievi hanno memorizzato questi concetti da seguire e quando sono capaci di visualizzarli facilmente, glieli faccio mischiare, in maniera da farglieli risultare sempre diversi, per cui una battuta dopo l’altra, loro si troveranno a non poter mai ripetere le stesse cose. Diventa un po’ come un gioco della scoperta e anche una sfida con se stessi, per accendere la mente analitica, che io chiamo spesso il “ navigatore”. Faccio il confronto tra il navigatore e il guidatore del rally, dove il primo è impegnato a dire al secondo cosa deve fare: il guidatore non pensa, agisce solamente. Invece allenando sia la parte guidatore, che navigatore, iniziano a formare la persona con questi principi di ruoli, di determinazione (so esattamente cosa devo fare), ma agirà in maniera sempre differente. Da qui in poi, quando saranno esauriti i concetti di base , diventando capaci di suonare e immaginare una serie di melodie su una struttura armonica dentro una griglia ritmica, allora si potrà iniziare a modificare quegli oggetti musicali, attraverso più o meno delle modalità simili però, sempre non ripetitive, utilizzando delle modalità pratiche, per cui ad un certo punto magari effettivamente si potrà parlare di sovrapposizioni di triadi, che creano dei suoni che sono ovviamente differenti. Questo è anche un modo di educare l’orecchio a percepire queste cose e renderle pian piano possibili dentro di sé ma sò che non è facile, il procedimento è lungo!
È un salto nel vuoto comunque! Perché immagino che comunque subentri anche la paura di cadere nello scontato o magari anche nel ridicolo, suonando una sequenza e pensandola stridente.
Assolutamente! Ed è la ragione per cui bisogna utilizzare in qualche modo la propria capacità psichica! Se dici ad esempio, che in DO maggiore puoi suonare qualsiasi nota, con l’accordo di DO maggiore puoi suonare qualsiasi cosa, è una follia!Non è vero. Perché questo? Puoi suonare qualsiasi cosa ma non c’è nessuna relazione con quello che abbiamo detto essere DO maggiore; se io non penso DO maggiore, ma penso DO come fondamentale, allora inizio ad avere delle possibilità diverse, perché DO può essere maggiore, DO7, DO minore, DO semidiminuita, DO come terza di un’altra tonalità quindi LA b… Quindi quella semplice informazione che da prima era catalogata come DOM, rimanendo solamente DO, già mi apre una serie di possibilità; potrebbe essere anche una struttura superiore e non una fondamentale, quindi posso fare anche il ragionamento al contrario, allora a quel punto vado ancora oltre e inizio a pensare che DO è presente in alcune triadi, anche quelle sovrapponibili, come pensa armonicamente Dave Liebman, per esempio e tutto questo, solo per parlare da un punto di vista strettamente armonico, ancora non abbiamo messo mano alla melodia e alla ritmica!
Nel brano Giant Stems, un gioiello sonoro, basato sul brano Giant Steps e sul suono astratto di Coltrane e sulle triadi, sono raccolti anche i segreti armonici dello stesso. Ti faccio una domanda che forse risulterà indiscreta; tu Claudio, ce l’ hai un tuo segreto armonico?
Ah, ne ho tanti! Uno su tutti però è stato quando ho incontrato un tipo di accordo, che pensavo di aver inventato io. Ero giovane. Misi un po’ casualmente le mani sul pianoforte e suonai questa quadriade Mib -SI- e poi di nuovo Mib -SIb e uscì un suono incredibile e pensai, Madonna è bellissimo!Peccato che lo utilizzava Herbie Hancock parecchio tempo prima e parecchi altri, mentre io non sapevo che esistesse! Ero già attratto da quel tipo di sonorità, quello è l’accordo più bello del mondo per me, l’ accordo maggiore quinta diesis. Ti posso assicurare che questa sensazione l’ ho avuta prima di imparare le cose di Coltrane. Ora, Giant Steps di John Coltrane è basato su quell’idea di costruzione armonica, quindi praticamente tutto il brano è una sequenza di terze maggiori prima discendenti e poi ascendenti e probabilmente non è proprio così casuale che lui abbia fatto di quel tipo di accordo, qualcosa che abbia un messaggio nascosto cosi particolare ed interessante.
Grazie! Parlando sempre del tuo libro, nel Capitolo 3, (vado a nominarlo talvolta per capitoli, così almeno chi legge, può ritrovare gli argomenti di cui parliamo nei punti precisi), menzioni l’ approccio cromatico sulle armonie e melodie, per Dave Liebman, che prevede appunto la capacità del musicista o dello studente, di padroneggiare scale, accordi e arpeggi, attraverso la stimolazione dell’intelletto. Per poter apprendere le conoscenze fondamentali, potrebbe bastare solo questo secondo te?
Diciamo che bisogna fare in modo che l’intelletto non influenzi e invada le altre parti, quindi bisogna dare il cibo giusto all’intelletto, di modo che esso sia impegnato a fare solo quello che riguarda la sua sfera di azione e che non vada ad innestare l’orecchio.L’intelletto lo sappiamo…è pigro. Ci deve essere equilibrio, e per me questa parola significa avere a che fare con lo spazio- tempo e quindi diciamo con la parte ritmica e sull’orecchio, perché chiaramente, quello che noi percepiamo è l’evidenza del fatto musicale; se ci lasciassimo guidare sempre e soltanto dall’orecchio, non sapremmo esattamente che cosa staremmo andando a fare; se viceversa, facessimo riferimento solamente alla parte mentale, andremo solamente ad applicare un certo tipo di regole, se ci basassimo solo sulla parte dello spazio – tempo, quindi la parte ritmica, con soli movimenti ritmici, magari andremo a fare confusione tra le altre cose. Ecco perché io vorrei che ci fosse in qualche modo, sempre chiarezza ed interdipendenza fra queste parti ben integrate, per esprimere l’ignoto più liberamente! Ma ci vuole una notevole consapevolezza da acquisire, per ognuna di queste cose e magari a quel punto si che portiamo la musica che suoniamo ad un altro livello.
Verissimo! Domanda sulla predittività, altro vocabolo che citi nel tuo saggio didattico, in cui scrivi che ogni bambino è dotato di una naturale genialità. E’ davvero così?
Lo è, perché i bambini sono privi, almeno nei primissimi tempi, del cosiddetto linguaggio razionale, per cui si muovono e agiscono attraverso quello che ascoltano e imparano da ciò che vedono, ma senza la capacità di elaborazione rispetto a quello che hanno imparato. E’ molto facile che il bimbo si sorprenda dalle cose che fa, perché tutto è molto più diretto e non passa attraverso quello schema egemone, che è il raziocinio; man mano che il bambino cresce, questa cosa un po’ la perde perché inizia ad andare a scuola, ad imparare altre cose, anche a creare il raziocinio, a dispetto però di quella capacità che deve per forza utilizzare se non ha altri strumenti in quel momento. Quindi il bambino più piccolo è, più ha quella forza di immaginazione: lui sa già tutto.
Si può dire quindi che il bambino è istintivo come può esserlo il Jazz?
Ni… Il Jazz è solo in parte istintivo, nel senso che lo è se manteniamo ben presente , la sua peculiarità, cioè appunto questa parte; quell’istintivita’ primordiale, quel tentativo, perché in realtà è un tentativo ,quello di mantenere un’autenticita’ immediata, diretta. I jazzisti leggendari hanno dato la vita per quel tipo di messaggio; loro erano anche delle persone problematiche, casi di tossicodipendenza, vite drammaticamente difficili, ma erano totalmente intransigenti su questo; fuori dalla musica potevano fare qualsiasi cosa, ma quando si suonava, sicuramente dovevano essere autentici.
Senti Claudio, parliamo un po’ di astrologia: la ruota di John Coltrane, anche questa presente sul tuo libro e dove è citata anche per il fatto che lui portasse sempre con sé nei suoi viaggi sia il suo sassofono ovviamente, che il libro di Nikolas Slominsky. Tu hai delle figure esoteriche alle quali fai riferimento?
Mah, ogni tanto mi chiedono di questo ciondolo che stai vedendo tu e che porto sempre domandandomi cosa rappresenti; ed io rispondo: rappresenta quello che tu ci vedi dentro. In verità non ho una figura in particolare. Ogni tanto mi affeziono a qualcosa perché mi attrae e quindi mi porta ad indossarla o a tenerla presente più spesso, ma non credo moltissimo nella simbologia, quanto invece nella simmetria. Ecco, a me quello che piace moltissimo di Coltrane è che era attratto da questo tipo di immagini. L’ esoterismo è sicuramente una parte importante, perché credo che dobbiamo recuperare delle conoscenze che sono o troppo nascoste, oppure che sono state volutamente nascoste. Questo non mi piace. Alcuni tipi di conoscenze sono utili ai nuovi ideali improvvisativi ma di questo parlerò nel mio secondo libro, che è già a buon punto e che si chiamerà “Evoluzione del pensiero libero nell’ uomo integrato attraverso l’ improvvisazione musicale.” Quindi qualcosa che non ha più a che fare strettamente con i musicisti, ma che mette in risalto l’improvvisazione musicale come una possibilità per l’essere umano in toto, di svilupparsi ed integrarsi con le proprie parti. Il mio campo di ricerca, nel secondo volume appunto, cambia completamente. Viene posto l’ accento sul campo della vibrazione, dove parlo di sollievo da un punto di vista fisico, per mano dei suoni. Questo anche fa parte di una sorta di magia, collegata all’aura musicale. Ti racconto questo piccolo aneddoto: il giorno della prima presentazione che ho fatto presso il punto J Einaudi di Mergellina a Napoli, parlai con un architetto che mi domandò se secondo me l’immagine della ruota di Coltrane, avesse a che fare con la sezione aurea, lo ringraziai per aver intuito questa cosa , assolutamente presente, perché tutto ciò che è simmetrico nell’Universo, lo troviamo in maniera identica nella musica! E non a caso, quelle simmetrie, quei cerchi che Coltrane ha collegato in vari modi e hanno appurato una figura ben precisa, sono parti simmetricamente perfette. Se ci fai caso in alcuni punti ritroviamo le stesse note. Questo significa che magari abbiamo la possibilità di imparare le cose, anche capovolgendole. Questo è un esercizio che faccio fare molto spesso ai miei allievi. Se per esempio dobbiamo suonare qualcosa in maniera ascendente, beh facciamolo al contrario e spesso succedono delle cose molto interessanti, andando verso una maggiore consapevolezza delle cose al loro interno.
Quando esce il secondo libro?
Spero non tardissimo. Voglio completare alcuni contenuti, ma diciamo che sono più o meno a tre quarti della messa in opera, però penso dopo l’estate.
Invece tornando al libro attuale, nell’ultima parte troviamo le pagine dedicate all’ esercizio pratico dello strumento, dove compare tra l’altro il tuo brano Carditology e guardando quella pagina ho iniziato a riflettere su una domanda; che cosa deve avere un jazzista,un musicista, per fare scaturire quel suono così violentemente sincero, naturale, tribale se vogliamo?Tu che fai?
Questa è una domanda difficile! Per quanto mi riguarda esce fuori da un’esigenza che ho profondamente; mi sono avvicinato alla musica per via di questa esigenza e la sento ancora forte dentro di me, tutti i giorni. Il suono prima di tutto! Il suono, quello dello strumento intendo è il riflesso di quello che siamo, il tratto distintivo e quello più profondo, però io ho dovuto passare chiaramente per i burroni della vita per poterlo fare uscire in maniera autentica; non esiste un suono spontaneo secondo me , ma esiste il suono dell’esperienza, cioè quello che hai fatto e in cui hai creduto e per cui hai lottato.Si diventa in questo senso,non si nasce; o meglio, si nasce con una determinata possibilità ma poi c’è la vita, ed è lei che diventa il tuo campo di battaglia e dentro questo combattere c’è il tuo suono; perciò io ritorno sempre all’idea che bisogna lottare per guadagnarselo.Oggi ti posso dire che non mi fa paura avere questo tipo di suono, ma solo dopo aver creato effettivamente un personale tipo di territorio musicale. Se ascolti altri miei precedenti lavori e registrazioni, il suono c’era ma non espresso così! Dovevo consapevolizzare delle cose, le dovevo imprimere sotto altri tipi di esperienze e concetti.Quello che dice Coltrane è che il lavoro è duro, non è una cosa semplicissima e bisogna accettare il rischio e le incognite di vivere in questo modo. Per me, si tratta di scelte. Imparare a scegliere è un passaggio fondamentale, il suono verrà influenzato da queste scelte, inevitabilmente. Non è possibile fare questa musica solamente accademicamente, c’è bisogno di tantissimo altro! Si deve alimentare l’anima, la mente, lo spirito, anche rafforzarsi fisicamente; sembra una banalità, ma una performance jazzistica, richiede un grande sforzo fisico, chiede un’energia enorme!
Claudio, ti ringraziamo davvero tanto per questa meravigliosa lezione, non solo di musica ma anche e soprattutto di vita e grazie per averci dedicato il tuo tempo! Vorremmo invitarti ad un’altra chiacchierata con noi per parlare del tuo album!
Grazie Insidetheshow, volentieri! Vorrei ringraziare per il loro sostegno e collaborazione: la Casa Editrice Wakepress, che ha reso possibile la pubblicazione di questo libro e la Casa Discografica No Voices Records di Fabio Alessandrini e Carlo Ventura, per la realizzazione dell’album Vision of soul Spirit. Un particolare ringraziamento ed immenso affetto, vanno a Mario Mazzaro e Enrico Del Gaudio, senza i quali non sarebbe stato possibile realizzare il progetto sonoro. Grazie a tutti!
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Francesca Masello
Appassionata di cinema, in special modo horror e thriller psicologici e specializzata in psicologia dinamica e clinica. Grande amante della lettura, il mio autore preferito è Stephen King.
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