Dire San Nicola a Piano di Sorrento, ma anche in tutta Penisola, significa indicare la…
Dire San Nicola a Piano di Sorrento, ma anche in tutta Penisola, significa indicare la l’Oratorio via Santa Margherita, ove ha sede la congrega dei Luigini. Oratorio attivo è funzionante come ce ne vorrebbero per ogni quartiere. Qui, diverse figure di preti a partire da Don Alfredo Ammendola, hanno coagulato intorno a loro generazioni e generazioni di adolescenti, con attività sportive , teatrali, culturali e religiose.
Preazzano .
Campinola di Tramonti.
La congrega dei luigini di alfredo ammendola
La prima storia della cappella di San Nicola
Sul piccolo frontone della cappella di San Nicola,
nel 1934, don Eduardo fece murare una lapide che
ricorda, tra le altre cose, come la prima cappellina in
onore del Santo Arcivescovo di Myra fu edificata nel
lontano 1334, per iniziativa e devozione del sacerdote
don Parisio De Maxo.
Poiché nell’archivio dell’Oratorio di San Nicola
esiste una copia della bolla dell’arcivescovo Pietro III,
il quale concesse la richiesta autorizzazione per
edificare la cappella in onore del Santo, mi piace
riportarne qui la traduzione italiana:
“Nel Nome del Signore Dio Eterno. Amen.
Nell’anno del Signore 1334, sotto il Pontificato del S.S.
in Cristo Padre e Signore, il Signor Papa Giovanni XXII
(1), il dì 2 Maggio, in Sorrento.
La cappella di San Nicola fu anche un
beneficio ecclesiastico dì diritto patronato.
Come abbiamo letto, infatti, nella bolla
dell’arcivescovo di Sorrento, fra Pietro III (2), il
reverendo Parisio De Maxo non soltanto
costruì sul suolo proprio la devota cappella in
onore di San Nicola, ma la dotò anche di beni
sufficienti, per avere la comodità di u n proprio
cappellano o rettore (3). A quei tempi la si
pensava così; i sacerdoti non mancavano e chi
aveva la disponibilità economica, i suoi denari
li spendeva in opere pie e di culto.
Fino al 1867, tra alterne vicende il beneficio
ecclesiastico e la cappella di San Nicola
andarono avanti senza sussulti o scosse (2). In
quell’anno famigerato i beni appartenenti al
beneficio di San Nicola, come quelli di tutti gli
altri benefici ecclesiastici, vennero requisiti ed
incamerati dal nuovo Regno d’Italia. In ciò i suoi
fondatori, cioè il Cavour e il re Vittorio
Emanuele II, nonché di Garibaldi (un bellissimo
terzetto, non c’è che dire) seguirono l’esempio e
l’illusione dei governanti e dittatori d’ogni
secolo, ai quali s’illusero di poter rimpinguare le
casse dell’erario pubblico con l’esproprio dei
beni della Chiesa. E’ bene ricordare e precisare
che, invece, l’erario del Regno d’Italia ricavò
dalla vendita all’asta dei beni appartenenti
alla Chiesa solo una manciata dì fagioli. Il
reale vantaggio di questa ignominiosa
espropriazione l’ebbero, invece, quei sedicenti
p a t r i o t i dell’ultima ora, che seppero
approfittare dell’occasione propizia, per
accaparrarsi i beni dei conventi e delle
cattedrali o degli altri enti ecclesiastici,
lasciando allo Stato ed al suo erario le briciole
del banchetto. A nulla valse, per salvare, o
riavere, i beni della cappella di San Nicola,
una lunga causa, intentata contro il Fondo
per il Culto dal patrono della cappella e dai
suoi eredi. Il glorioso Regno d’Italia, tra le
altre libertà, donate alle varie regioni,
concesse anche quella d’essere povere e di
poter andare nude alla meta (1).
Oggi si procede con altri metodi e, grazie
alle t a s s e alte ed all’inflazione sempre
crescente, lo spogliamento dei beni privati, a
cominciare da quelli ecclesiastici, va avanti a
gonfie vele. Ovviamente, grazie alle continue
opere pubbliche, gran parte del denaro
rastrellato dai gnipiexs. del fisco finisce nelle
tasche dei soliti furbi, i quali l’investono in
varie maniere, non esclusa quella di eleganti
cocotte, più o meno bastarde bianche o di
colore. Rimasta senza beni, la cappella di San
Nicola finì con l’essere chiusa al culto e
divenne una specie di fienile; in essa fu pure
fusa la seconda campana della nostra
Basilica: quella che ai tempi della mia
gioventù era chiamata !a_campana_£LmmuQrte.
Ma nei piani della Divina Provvidenza era
stabilito che la cappella di San Nicola dovesse
risorgere a nuova vita ed essere un centro di
vera e feconda spiritualità.
Il ricordo delle vicende, che portarono alla
fondazione, In San Nicola, della Congrega di
Spirito dei Giovani Carottesl, ci è stato
tramandato per mezzo d’un opuscolo, del
quale c’è rimasta una copia nell’archìvio della
cappella. Riporto il frontespizio dell’opuscolo:
Congrega di Spirito dai Giovani Carotesi e r e t ta netta Cappella di San Nicola in Piano di Sorrento Napoli Pe Tipi di Tortora – Sedil Capuano 27 18 7 8
Vincenzo Criscuolo
BREVI NOTE STORICHE SULLA CHIESA
E CONVENTO SAN NICOLA IN MINORI
E NECESSITA’ DI UN RESTAURO
Sono molti in costiera i monumenti religiosi posti m luogo
elevato, isolati dall’abitato e affacciati sul mare. Essi – nell’idea
di chi li ha edificati – dovevano essere segni costanti di riferimento
e di richiamo per la popolazione contadina e marinara
locale e costituire un rapporto costante e visivo colla onnipresenza
e onnipotenza del fortemente radicato elemento religioso.
Uno di questi monumenti è la Chiesa e il Convento di San Nicola
a Minori.
L’anno di fondazione della Chiesa non è conosciuto con
precisione. Forse venne edificata alla fine del sec. XI o all’inizio
del sec. XII. E’ certo che essa già esisteva nel 1158 1• In
un inventario del 1204 custodito nell’Archivio della Badia benedettina
di Cava de’ Tirreni si parla di una vigna appartenente
alla Chiesa di San Nicola, posta in località Forcella 2• Questo è
un luogo situato a nord-est di Minori, compreso nella sua giurisdizione
comunale e nel primo Medioevo sufficientemente abitato,
tanto che in esso esistevano ben quattro chiese
i beni culturali di massa lubrense
Una impostazione ancora manieristica
in pieno Seicento è nel Miracolo di San Nicola di Bari, datato 1673,
eseguito da Michele Ragolia nella chiesa del S. Salvatore di Schiazzano.
Dal libro le strade di sant’agnello di franco gargiulo
Come detto, Corso Italia è una strada antichissima; molti anni fa, all’incrocio con Via Angri, vi erano due cappelle unite, una intitolata ai Santi Filippo e Giacomo, l’altra a San Nicola. Della prima si hanno notizie negli Atti della Visita pastorale di Monsignor Pavesi dell’anno 1566; essa era nell’antico fabbricato un tempo monastero femminile e da pochi anni restaurato ed adibito a civili abitazioni. Altre notizie inerenti queste due cappelle risalgono al ‘700 e sono riportate in documenti della chiesa parrocchiale; in essi è scritto che le due cappelle nel 1572 furono profanate dall’allora Arcivescovo di Sorrento Lelio Brancaccio e vendute alla chiesa parrocchiale per la somma di ducati quindici che, a sua volta, le affittò ad altri (Mastro Luise Gargiulo e Gio.Batta Pica) che li convertirono in botteghe e camere.
Fonte : PositanoNews.it