Anche quest’anno 2021 , la festa di San Pietro a Crapolla sarà mutila della processione…
Anche quest’anno 2021 , la festa di San Pietro a Crapolla sarà mutila della processione e del pellegrinaggio , in osservanza al protocollo Anticovid. Comunque alle 07.00 vi sarà la messa e ogni uno potrà raggiungere la Chiesa per l’eucarestia. Non partiranno le barche da Nerano per Crapolla, ma solo in forma privatistica e familiare. Noi di Positanonews vogliamo riproporvi il brano dal libro di Trombetta per riraccontarvi la storia di questo luogo magico e paesisticamente fantastico
da libro Monasteri e Conventi della Penisola Sorrentina di Trombetta
1 – Abbazia di S. Pietro a Crapolla
Anche questo comune, come già abbiamo detto nelle pagine
precedenti per gli altri comuni della nostra penisola, la
sua più antica casa religiosa fu un monastero benedettino (1),
che ebbe anche il nome di abbazia di S. Pietro a Crapolla (2).
Sorgeva dunque questo monastero sul fianco della nostra penisola,
che guarda il golfo di Salerno, presso la piccola ma-rina di Crapolla (3) – l’antica capreolae, dove fu anche una
villa romana – a circa una quarantina di metri sul livello
del mare, su un rialzo molto scosceso. Nulla di sicuro possiamo
dire sul tempo della sua fondazone. Tenendo, tuttavia,
presente che nei più antichi documenti, che ne parlano, si dice
che apparteneva alla diocesi di Sorrento, ci sentiamo, di
conseguenza, di poter concludere, con una solida probabilità di
essere n·el vero, che questo monastero vide la luce in un’epoca
anteriore alla nascita della diocesi di Massalubrense: quindi,
almeno, prima degl’inizi del secolo XI della nostra era,
se non proprio anche diversi secoli prima di quella data. Ad ogni
modo, quello che al riguardo possiamo, anzi dobbiamo, affermare
con tutta certezza si è che esso esisteva già al principio
del secolo XII, dato che se ne faceva menzione già in un istrumento
del 27 luglio del 1111 con le seguenti parole: « item
legat territorium situm in Massa Publica iuxta bona Georgii
filii Iohannis de Romano et monasterii Crapreolae 1> (4).
Il suo più antico abate, di cui conosciamo il nome, risale
al principio del secolo XIV, e fu un certo Fra Giovanni, ed il
suo nome si è salvato dall’oblio, che prima o dopo avvolge
tutti gli avvenimenti di questo mondo, grazie ad un ricorso,
che fece nel 1305 al re di Napoli, Carlo II d’Angiò contro
il sorrentin9 Bartolomeo « domini Sali (sic) dictus Sacronus »,
che aveva due volte << attentato alla sua vita» (5). A quello stesso
abate probabilmente appartiene, come dice il Filangieri (6),
anche un suggello di bronzo, trovato nel territorio massese
negli ultimi anni del secolo passato. Di poco più di un tren-tennio dopo la lettera della cancelleria angioina, or ora ricordata,
la medesima ne scrisse anche un’altra a favore di un
altro abate di Crapolla, di cui però non riporta il nome, e
questa lettera fu redatta per ordine del re Roberto d’Angiò
il 18 settembre del 1338, ed a richiesta di un altro abate di
quest’abbazia, di cui però non ci è stato trasmesso il nome,
perché desse ordine ai suoi ufficiali di costringere, se ce ne
fosse stato bisogno, i vassali del suo monastero a prestargli il
giuramento di fedeltà (7). Fu questo l’ultimo abate benedettino,
di cui abbiamo ricordo, di questo monastero: mezzo secolo
dopo infatti, troviamo a Crapolla degli abati commendatari
(8). Segno questo, quasi certo, che già allora quel monastero
era stato soppresso, ed i suoi beni dati in commenda
(9). Nel secolo seguente quell’abbazia era certamente soppressa,
e nel 1447 l’aveva in commenda il card. Nicolò Acciapaccia
di Sorrento (10). Verso il 1530 n’era investito invece
il napoletano don Tommaso d’ Afeltro, come ricorda una
lapide di marmo, trovata pochissimi anni fa ad Avigliano nel
casale di S. Salvatore, dov’era una sua grancia dello stesso
nome (11), e della quale abbiamo già parlato nel capitolo III
di questo stesso volume. Qualche anno dopo, vicino a morte,
rinunziò alla medesima in favore di un suo congiunto « chierico
in minori bus », che si chiamava Iacopo d’ Afeltro, ed il
papa Paolo III gliela concesse. Ma circa un ventennio dopo
rinunziò anche lui, ed allora il papa del tempo, che era Giu-lio III, con un suo breve del 24 febbraio 1549 ne investì il
fratello di lui, che si chiamava Giulio d’Afeltro, con l’obbligo
di spendere un terzo delle rendite di quella stessa abbazia in
restauri dei fabbricati della medesima ed in elemosine. Avutone
pertanto il possesso nel 1552, ne fu abate commendatario
per circa un quarto di secolo. Dopo di che, ne fu spogliato in
seguito a gravissime accuse fatte pervenire alla S. Sede sul
suo conto.
Nel secolo seguente come abati commendatari di questa
abbazia troviamo, tra gli altri, il card. Giulio Rospigliosi, divenuto
poi papa con il nome d Clemente X, ed il card. Giovanni
Cantelmo, arcivescovo di Napoli, ed a lui, alla fine del
2° decennio del secolo successivo, ossia del ‘700, l’arcivescovo
di Sorrento, mons. Filippo Anastasio, il quale, all’annunzio
della concessione di quell’abbazia fattagli dal papa, preso
dal dubbio e dal’incertezza di poter soddisfare a pieno agli
obblighi annessi, dato lo stato miserando in cui si trovavano
sia la chiesa e sia i terreni della medesima, ne scrisse al card.
Palatucci in questi precisi termini: « L’avviso, che si degnò
darmi l’Em.za Sig. Card. Caracciolo della grazia fattomi novellamente
da N. S.re intorno all’abadia di S. Pietro a Crapolla
mercé l’intercessione di V. Eminenza, mi ha colmato di
tali e sì pesanti obbligazioni, che dalla gran soma non so ne
pure ritrovar parole da alleviarmi in qualche parte almeno
co’ ringraziamenti convenevoli come vorrei; ho commesso al
mio agente che lo faccia a viva voce. Dal medesimo sarà V.
Em.za supplicata in mio nome d’impetrare pochi giorni di
dilazione circa la spedizione della bolla a fin che io possa fare qualche riflessione se posso sostenere le novelle obbligazioni,
che mi addosso per questo novello onore. La chiesa
abaziale è così sformata che più non vi si può celebrare; tal
che le messe in quella annesse si celebrano presentemente in
una cappelletta o grangia della chiesa principale, con grandissimo
scongio, susurro e lamentazioni di marinai e pescatori,
che non hanno il comodo di sentir la messa nella già detta
chiesa abaziale di S. Pietro, che è presso la marina, e la gran gia sta sulla montagna più miglia distante, di salita faticosissima.
La cappella poi o grangia anche sta rovinosa e sprovvedutissima
di sacra suppellettile.
I territori poi dell’abadia per la mala cultura si trovano
malmenati, essendone anche state spiantate molte novelle piante
e anche molte antiche con deplorevole devastazione. Tutte
le rendite abaziali sono d’antichissimo tempo state tenute a
fitto per cinquecentoquaranta ducati di questa moneta. Ma
gli ultimi conduttori ne diedero a censo dei migliori territori
con gravissimo detrimento e lesione dell’istessa abadia, come
appare per fede costì mandata in mano del mio agente. Talché
mi si dice che quest’abadia possa fruttare poco più di
quattrocento ducati, moneta di Regno, finché sia ristorata,
come conviensi, con molta spesa e tempo. Ed io mi trovo di
aver speso molto in servizio di questa cattedrale, vecchio di
65 anni e malatuccio di salute. Supplico dunque V. E. di darmi
qualche tempo per deliberare sull’accettazione di questo
onore, col qual di necessità va congiunto un peso, il qual
mi sembra, per ragione della pensione, da me importabile
» (12).
Accettato infine, dopo lunga riflessione, l’onore che gli
si faceva, fu nominato abate commendatario di quell’abbazia,
e la tenne fino alla morte, avvenuta a Roma nel 1735. Dopo
di lui quell’abbazia passò in commenda al card. Antonio Sersale,
anche lui, come il card. Cantelmo, arcivescovo di Napoli,
ed alla sua scomparsa nel 1775, fu concessa da Pio VI
a mons. Tommaso Battiloro, che la possedette per un decennio,
cioè fino al 1787 (13). Essendosi intanto affermato anche
nel regno di Napoli il più rigido assolutismo monarchico che
asseriva e rivendicava per il sovrano il più severo controllo su ogni ente
e su ogni istituzione esistenti entro i confini dello
Stato, il governo napoletano estese il suo potere decisionale
anche sulle istituzioni di culto presenti in quel regno, proclamando,
tra l’altro, che erano devolute all’amministrazione regia
tutte le opere di carattere religioso, delle quali non esisteva
l’atto di fondazione. Conseguentemente anche il con
ferimento della commenda di quest’abbazia passò nelle mani
del re di Napoli, che il 30 marzo del 1787 la concesse all’abate
Carlo Foullon, che morì a Venezia nel 1802. Fu questi
l’ultimo abate commendatario di S. Pietro a Crapolla, perché
con l’invasione francese, del 1799, del regno di Napoli e del
governo napoleonico ivi stabilito pochi anni dopo, tutti i suoi
beni furono incamerati e venduti, ed ora sono sparite anche
le rovine di quel monastero e della sua chiesa.
(1) Questa nostra affermazione è giustificata dall’assenza di ogni elemento.
che possa farci ritenere ragionevolmente fondata. sia pure con una
probabilità minima. la credenza di un cenobio basiliano a Crapolla, e di
cui fa cenno il Capasso alla pagina 114 delle sue « Memorie storiche deHa
Chiesa sorrentina».
(2) Per il significato etimologico di quel toponimo si veda la pag. 44 del
nostro volume « Profilo linguistico ed onomastico della penisola sorrentina
e storia del Faito ».
(3) Cfr. R Filangieri di Candida. « Storia di Massalubrense ». ed. 1910.
pag. 654.
(4) Per quest’istrumento si veda Fr . .Pansa « Istoria dell’antica repubblica
di Amalfi :1>, vol. 2° , dopo .pag. 189, dove inizia con una nuova numerazione
il notamento ecc., pag. 12.
(5) Si veda per questo suo ricorso la lettera della cancelleria angioina.
riportata dal iFilangieri alla nota (3) della pag. 647 s. della sua « Storia di
Massalubrense » già citata.
(6) Cfr. op. cit., pag. 647 s.
(7) Anche il testo di quest’ultima lettera della cancelleria angimna è
riferita per intero dal Filangieri alla nota (1) della pag. 649 della sua Storia
di Massalubrense.
(8) Cfr. Archivio Seg. Vaticano, Fondo Allegationes et Solutiones. voi.
49, fol. 45, vol. 60, fol. 39, voi. 76, fol. 30.
(9) Si veda per la spiegazione di questo termine l’Enciclopedia Cattolica.
vol. 4, pag. 500.
,(10) Cfr. Giulio Cesare Capaccio. « Historiae Neapolitanae >, lib. 1, pagina
142.
(H) Si veda per la descrizione di questa lapide l’articolo di M. Verde
dal titolo « Monaci a Crapolla ». pubblicato nel n. di gennaio 1992 del periodico
vicano « Match-Point >.
12) Per il testo di questa lettera si veda nell’Arch. Seg. Vaticano, fondo
« Lettere di Vescovi », vol. 133. fol. 5.
(13) Per gli abati commendatari di Crapolla dal card. N. Acciapaccia
in poi si veda iR. Filangieri, op. cit., pag. 649 ss.
Fonte : PositanoNews.it