IL RACCONTO DEL LUNEDì DI CIRO FERRIGNO
Febbraio 2012. Sono a Scanno, in gita con gli alunni del Turistico, alla ricerca dell’artigianato artistico: filigrana, ferro battuto, lavori in legno e a tombolo e c’è neve ovunque. In un negozio, la signora dietro il banco, mentre avvolge un centrino nella carta velina, mi sorride e dice: “Complimenti, professore, lei ha scelto uno dei lavori più belli. Ne capisce di tombolo, di ricamo?” – “Un poco si”, rispondo. “Ma sarebbe troppo lungo da raccontare.”
Mi avvicino alla finestra, il panorama è scintillante, bianco immacolato ovunque e la mente torna in Via Bagnulo a Piano, nella casa dei nonni, quella della mia infanzia.
Zia Francesca ricamava le camicette destinate a Positano, per conto delle sorelle Ruocco di Via Casa Rosa. Io, bambino, trascorrevo lì interi pomeriggi e lei, senza alzare gli occhi dal telaio, raccontava tante storie: leggende, favole e fatti del paese, dei santi, delle feste. Mentre aspettavamo il Natale, facendo progetti e sogni ad occhi aperti, giorno dopo giorno, dal niente, creava campi di fiori, piccoli bouquet, farfalle e spighe con una bravura incomparabile. Le tecniche erano le più disparate punto a giorno, punto erba, catenella, retine di ogni specie, punto pieno, a croce, Assisi… Poi, a lavoro finito, mostrava qualcosa che mi sembrava un’opera d’arte e chiedeva: “Ti piace?” – Imparai a distinguere un punto dall’altro, le matassine di seta coi numeri, nel cestino, capii l’accostamento dei colori, la perfezione di un ricamo e la serenità di una vita semplice e laboriosa. In quella casa c’era un diverso profumo per ciascuna stagione: quello del fuoco nel braciere nei lunghi pomeriggi invernali, con la nonna seduta accanto, l’aroma del caffè riscaldato nella cuccuma sul fornellino, la torta profumata di liquore per le ricorrenze, quello dei confetti bruciacchiati dal ferro per le palme di confetti e l’effluvio dei gelsomini che saliva dal giardino nella camera, dalla vetrata, tutta aperta, nei pomeriggi estivi. Era stupefacente vedere una camicetta di lino bianco trasformarsi in un trionfo di colori, con tanti piccoli fiori di seta. Le sue mani erano capaci di compiere una vera magia e quelle creazioni avrebbero fatto bella mostra di sé nelle vetrine di negozi per turisti, prima di partire per qualche lontano angolo del mondo! In ogni stagione le mani della zia erano instancabili e così si guadagnava da vivere: quattro soldi per tanto lavoro. Non era ricca, anzi, ma aveva un cuore grande tanto da essere amata da tutti, in famiglia poi, il fratello, le sorelle, i nipoti, i cognati, tutti la veneravano. Ad ogni ricorrenza, il primo regalino era il suo e profumava di ricamo e di sudore, di occhi consumati per creare quei piccoli tesori di seta colorata.
A Scanno ha ripreso a nevicare ed ovunque mi giri intorno è tutto un merletto bianco. Sui tetti, sui campanili, sugli alberi spogli, si sente la presenza degli angeli che ricamano con aghi e fili, telai o fusilli per il tombolo… ogni punto è un fiocco di neve. L’aria profuma del fumo d’un antico braciere. Il pacchetto è pronto, è ora di andar via.
Il racconto del lunedì di Ciro Ferrigno
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