L’intima atmosfera del complesso monumentale della SS. Annunziata fa da perfetto sfondo al recital del…
L’intima atmosfera del complesso monumentale della SS. Annunziata fa da perfetto sfondo al recital del pianista Alessandro Capone in programma lunedì 13 maggio alle 20.30 che propone, in apertura la Sonata in fa maggiore n. 38 Hob. XVI/23 di Joseph Haydn composta nel 1773. A seguire la Sonata in Si bemolle maggiore op. 22 di Ludwig van Beethoven. Beethoven fu soprattutto e innanzitutto un grande pianista e nel corpus delle sue 138 composizioni numerate le trentadue sonate per pianoforte occupano una posizione di assoluto rilievo. Ciò che colpisce subito è la grandiosità e robustezza di suono, quale non si era avvertita prima in altri autori, a cominciare da Haydn e Mozart. La Sonata che sarà eseguita da Capone appartiene al Beethoven brillante e di gusto virtuosistico. Essa fu scritta nel periodo 1799-1801 e pubblicata nel 1802 e si distingue per una spigliata e fresca musicalità, avvertibile sin dall’Allegro con brio costruito su un tema gioioso e ricco di piacevoli modulazioni.
Se escludiamo un’opera giovanile pubblicata postuma e catalogata come n. 1, sono solo due le sonate per pianoforte nel repertorio di Chopin. L’ultima di queste in ordine cronologico, la Sonata in si minore op. 58 n.3, è quella che più si adegua allo schema formale tradizionale, in un periodo in cui la sonata classica era entrata decisamente in crisi. Composta nel 1844, la Terza Sonata appartiene all’ultimo periodo della creatività di Chopin ed è valutata in modo molto disparato: molti la considerano infatti meno originale e ispirata degli altri capolavori di quegli anni, mentre per alcuni è tra le più grandi creazioni chopiniane.
Mercoledì 15 maggio in programma il secondo appuntamento della rassegna “Contaminations”. Il Ravello Art Center ospita l’esibizione del Farm quartet, composto da Antonio Senatore al flauto, Raffaele Maisano al piano, Marco Cuciniello al contrabbasso e Felice Marino alla batteria. Protagonista della serata sarà Claude Bolling. Sulla scia di Duke Ellington e dell’eredità lasciata dai primi grandi pianisti jazz, il musicista Claude Bolling si va a collocare nell’ultima generazione di jazzisti come compositore innovativo e versatile. Enfant prodige, si forma nel pianoforte jazz e quello classico, entrambi fondamentali per la sua futura carriera, e sviluppando una tecnica eccezionale. Bolling vanta collaborazioni con jazzisti internazionali: Roy Eldridge, Bill Coleman, Oscar Peterson, che lo rendono già dai primi anni ‘50 un artista di fama mondiale. Collabora anche con musicisti classici: come Jean-Pierre Rampal, uno dei più grandi flautisti del XX secolo. Lo stesso Rampal chiese inizialmente a Bolling di comporre qualcosa che fosse ”classico” per il suo flauto e jazz per il piano, dato il vivo interesse che nutriva per questo genere: ”Adoro il jazz, senza sapere come suonarlo, ma sogno di avere un’esperienza con musicisti jazz”. Dalla richiesta, simile piuttosto a una sfida, nasce la prima delle due Suite per Flauto e Jazz Piano Trio che saranno eseguite dal Farm Quartet. Accolte in breve tempo dalle classifiche nei primi anni Settanta, queste suite entrano a far parte di un genere noto come cross-over music, che fonde differenti linguaggi musicali, punto d’incontro fra il barocco e lo swing.
Venerdì 17 maggio ritorna ad esibirsi all’Annunziata Historic Building il pianista Fabrizio Romano con un programma denso e rappresentativo di giganti della musica classica.
Le Sei Partite per clavicembalo BWV 825-830 di Johan Sebastian Bach si inquadrano nella prima fase del fecondo periodo della storia artistica del compositore, quando si trasferì a Lipsia dove viene nominato Cantor alla chiesa di San Tommaso, posizione che manterrà per il resto della vita. Il termine Partita (dall’italiano “partire” nel senso di “dividere in parti”), che verso la fine del XVI sec. indicava delle variazioni strumentali, nel Settecento venne invece utilizzato sostanzialmente come sinonimo di Suite, cioè la successione di una serie di danze le cui caratteristiche erano generalmente codificate in schemi ed in estetiche stereotipate. Ma, pur rispettando lo stile proprio di ciascuna danza, nelle sue Partite Bach tratta la forma tradizionale con grande libertà accentuando di volta in volta il virtuosismo, l’invenzione melodica, la ritmica, l’elaborazione contrappuntistica. Anche Georg Friederich Händel, autore dei due successivi brani in cartellone, è stato un formidabile esecutore alla tastiera: “Il fabbro armonioso” (nell’originale inglese: The Harmonious Blacksmith) è il nome con cui è popolarmente conosciuto l’ultimo movimento, l’aria con variazioni, tratto dalla quinta suite HWV 430 del compositore tedesco naturalizzato inglese. Esistono diverse ipotesi sul perché questo movimento abbia questo titolo. Ciò che è certo, però, è che il nome non venne dato da Händel e che l’aria non venne conosciuta con quel titolo prima del XIX secolo. Secondo una tesi, mentre Händel stava lavorando, fra il 1717 e il 1718, riparatosi dalla pioggia in una fucina, avrebbe avuto l’ispirazione per la musica sentendo il rumore del martello e dell’incudine, da cui la regolare ripetizione della nota Si nella mano destra durante la prima variazione. Una diversa ipotesi spiega che il compositore avrebbe sentito un fabbro fischiettare un motivetto dal quale successivamente sarebbe nata l’aria. Tuttavia, nessuna delle due ipotesi sembrerebbe fondata.
Franz Liszt, pianista-compositore per eccellenza, con la sua esuberante personalità di concertista e di straordinario interprete incantò le platee di mezza Europa. Il suo stile si caratterizza per le innovazioni e le soluzioni pirotecniche, che vengono ben esplicitate pure nei Dodici Studi trascendentali per pianoforte S. 139. Romano ne eseguirà l’undicesimo, tra i più poetici brani della collana, che vive di un’atmosfera intensa e misteriosa passando poi da un sentimento intimo alla trionfante conclusione. Ritroviamo poi un altro esempio dello stile pianistico lisztiano con il brano “Funérailles”, tratto dal ciclo Harmonies poétiques et religieuses. Accordi gravi e robusti, sempre più massicci e insistenti, aprono il pezzo in cui l’autore vuole rievocare la tragica scomparsa di tre amici, tre patrioti uccisi nella rivoluzione ungherese del 1848-49.
Lo Scherzo in si bemolle minore op. 31 di Friederich Chopin – ultimo brano in programma – fu composto nel 1837 e dedicato alla contessa Adèle de Fürstenstein. È tra le pagine più popolari di Chopin e lo stesso Schumann ne parlò subito in termini esaltanti, paragonandolo ad una poesia di Byron per la tenerezza e l’arditezza del suo linguaggio musicale.
La programmazione 2019 della Ravello Concert Society, affidata alla direzione artistica di Antonio Porpora Anastasio, è disponibile su www.ravelloarts.org
Fonte : PositanoNews.it