L’Archeoclub “Stabiae”, sezione di Castellammare di Stabia, è lieta di invitarvi alla conferenza intitolata “Il…
È il primo appuntamento culturale organizzato dal nostro Archeoclub, nato lo scorso luglio, che ha lo scopo di raccontare a cittadini e appassionati la storia del Doriforo stabiano, un imponente statua in marmo alta 196 cm, copia romana di un originale greco, che venne trovata lungo il ciglio della collina di Varano a metà degli anni ‘70. Da quel momento ha avuto inizio un vero e proprio giallo internazionale che ha coinvolto nazioni, musei e giornali per poi terminare al Minnesota Museum, dove la statua è tuttora conservata.
Quello che intendiamo perseguire con questa nostra prima conferenza di studi non è solo far conoscere al pubblico una delle testimonianze più grandiose dell’archeologia stabiana, ma allo stesso tempo riaccendere i riflettori su una pagina della nostra storia troppo a lungo lasciata nel dimenticatoio.
Per farlo ci avvarremo del supporto di studiosi e storici che per molti decenni si sono occupati del Doriforo, analizzandone gli aspetti stilistici, storici ed iconografici.
Il Doriforo da Stabiae: alla ricerca di un mito
Venerdì 15 novembre 2019 ore 18
SALA CONVEGNI «UNIMPRESA»
Via Annunziatella 23, Castellammare di Stabia
SALUTI
Geom. Massimo Santaniello – Presidente Archeoclub «Stabiae»
Prof. Massimo Osanna – Direttore Parco Archeologico Pompei
Dott. Francesco Muscolino – Direttore Scavi Stabiae
INTERVENGONO
Prof. Umberto Pappalardo – Institut Supérieur des Sciences Humaines – Tunis
Direttore Centro Internazionale Studi Pompeiani;
Dott. Mario Cesarano – Soprintendenza ABAP – Area Metropolitana di Napoli
MODERA
Dott. Angelo Mascolo – vicepresidente Archeoclub «Stabiae»
Il Doriforo di Stabia Futuro del passato Archeologia Viva n. 87 – maggio/giugno 2001 di Umberto Pappalardo
Il Doriforo di Stabia Futuro del passato
Tanto per non perderne la memoria: una copia della celebre opera di Policleto comparsa a Monaco come proveniente dalla città della Campania e ricomparsa negli States con diversa… didascalia è uno dei casi aperti legati al traffico clandestino dei reperti archeologici di casa nostra
L’argomento di cui tratterò, pur non costituendo una vera novità, serve a richiamare alla memoria qualcosa di molto importante per la conoscenza dell’antica Stabiae, fugacemente affiorato nelle cronache giornalistiche degli anni Ottanta. Correva appunto il 1980 quando l’Antikenmuseum di Monaco di Baviera esibì nella sua collezione una copia romana del Doriforo, la famosa statua di Policleto scolpita intorno al 440 a.C. Questa copia, alta 196 centimetri, in marmo pentelico, lo stesso utilizzato per costruire il Partenone, veniva orgogliosamente esibita come la migliore replica a noi nota del celebre capolavoro dell’artista di Argo, più bella ancora della copia di doryphoros proveniente dalla Palestra di Pompei esposta al Museo Nazionale di Napoli.
La statua messa in mostra dall’Antikenmuseum non era ancora in possesso di questo museo, ma lo sarebbe stata grazie a una sottoscrizione pubblica di sei milioni di marchi, pari a circa tre miliardi di lire dell’epoca. Fin qui tutto ammirevole, ma niente di eccezionale, se non fosse per la didascalia che diceva espressamente: “Doryphoros aus Stabiae“, ‘Doriforo da Stabia’. Un articolo de «Il Resto del Carlino», altri della «Frankfurter Allgmeine Zeitung» e infine uno de «Il Messaggero», ne scoraggiarono l’acquisto: la statua fu restituita al mercante e scomparve nel nulla, come se si fosse inabissata. Cosa affermavano di così deterrente quegli articoli? Che la statua era stata rinvenuta «…nel marzo del 1976 a Castellammare di Stabia da alcuni operai che stavano scavando le fondamenta di un edificio…» e che «…il prezioso reperto, invece di essere consegnato alla Soprintendenza archeologica della Campania, finì nelle mani di un noto antiquario romano, da anni punto di riferimento del traffico archeologico clandestino quindi, secondo una prassi consolidata, spedito in Svizzera […]».
Intorno al 1986 la statua riapparve negli Usa a Minneapolis, presso il Minnesota Museum of Art, ma questa volta la didascalia era cambiata: diceva che la statua era stata trovata agli inizi degli anni Trenta «in the sea off Italy», ‘nei fondali marini oltre l’Italia’, come a dire in acque internazionali (quanto si pensava bastasse a cancellarne le impronte di provenienza illecita…). […]
Nel 1980 l’Antikenmuseum di Monaco esibì nella sua collezione una copia romana del Doriforo, la famosa statua di Policleto scolpita intorno al 440 a.C. (Fig 1. Statua di Policleto). La copia, alta m 1,96, in marmo pentelico (lo stesso utilizzato per costruire il Partenone), veniva orgogliosamente esibita come la migliore replica a noi nota, ancor più bella di quella famosa dalla Palestra di Pompei ed oggi esposta nel Museo Nazionale di Napoli. La statua esibita non era ancora in possesso del Museo, ma lo sarebbe stato in virtù di una sottoscrizione pubblica per una cifra di circa 6 milioni di marchi, pari – al cambio di allora – a circa 3 miliardi di lire. Fin qui tutto ammirevole, ma niente di eccezionale, se non fosse che la didascalia che accompagnava la scultura diceva espressamente “Doryphoros aus Stabiae”(“Doriforo da Stabia ”). Un articolo ne “Il Resto del Carlino”, altri nella Frankfurter Allgmeine Zeitung ed infine uno ne “Il Messaggero”, ne scoraggiarono l’acquisto (Fig 2. Articolo). La statua venne restituita al mercante e scomparve nel nulla, come se si fosse inabissata.
Cosa affermavano di tanto deterrente questi articoli ? … Che la statua era stata rinvenuta “nel marzo del 1976 a Castellammare di Stabia da alcuni operai che stavano scavando le fondamenta di un edificio” e che “il prezioso reperto, invece che alla soprintendenza archeologica della Campania, finì nelle mani di un noto antiquario romano, da anni punto di riferimento del traffico archeologico clandestino … quindi … secondo una prassi consolidata … spedito direttamente in Svizzera …”
Intorno al 1986 la statua riapparve a Minneapolis, nel Minnesota Museum of Art, ma questa volta la didascalia diceva che la statua era stata trovata agli inizi degli anni Trenta “in the sea off Italy”, ovvero “dai fondali marini posti fra l’Italia e la Grecia”, quanto si pensava bastasse a cancellarne le impronte retrostanti (Fig 3. Statua di Policleto).
Analizzata, restaurata e studiata, fu esposta nel Museo con i più alti onori, come ‘opus nobiliore’. Le fu anche dedicato un Simposio Internazionale nei cui atti se ne ritrova un’eccellente pubblicazione da parte di Hugo Meyer, dove l’autore data l’opera alla media età augustea, ne pone in rilievo le affinità stilistiche con un’altra opera campana, il cosiddetto Diomede di Cuma, e pone in evidenza come la statua di Minneapolis sia ancor più bella del Doriforo nel Museo Nazionale di Napoli, in quanto il primo appare “più alto e virile”, mentre il secondo più “grassoccio e giovanile”.
Il Doriforo di Pompei sappiamo che fu rinvenuto nella Palestra Sannitica (Fig 4. Palestra Sannitica). Il giovane eroe portatore di lancia (Fig 5. Portatore di lancia) doveva rappresentare – stando ad una geniale interpretazione dello Hauser – il mitico Achille, il vincitore dei Troiani, il giovane che impersonava tutte le ‘virtutes’ virili e militari dei Greci, colui che persino Alessandro Magno, che dormiva con l’Iliade sotto il cuscino, teneva sempre presente come modello.
Così la gioventù sannitica, che si esercitava nella Palestra di Pompei, ammirava la statua come quella del proprio idolo e, quando un giovane vinceva, andava a deporre la corona del vincitore sul capo del proprio eroe, come sembrerebbe indicare l’insolita scaletta posta sul retro della base della statua, scaletta che in tal modo trova una plausibile giustificazione.
Ma da dove potrebbe provenire esattamente la statua stabiana? Sia consentito – in attesa di ben più concrete e valide testimonianze – di formulare alcune speculazioni.
Nel 1976 sono attestati a Castellammare due grossi cantieri per opere di carattere civile: uno al Parco Imperiale e l’altro a Varano. Entrambi sono rimasti noti per i saccheggi che vi si compirono.
Quello del Parco Imperiale mise in luce una necropoli con mausolei, iscrizioni e statue funerarie. In un tale contesto mal si collocherebbe un Doriforo che, appunto per quanto detto sopra, nulla ha che fare con il tema della morte. Non è però da escludere che la statua provenisse da una terma oda una villa suburbana, edifici che potevano alternarsi ai mausolei.
L’altro caso è rappresentato dalla collina di Varano, dove moderni edifici furono costruiti nella curva dell’attuale Via di Varano, in corrispondenza della Villa di San Marco (Fig 6. Villa San Marco). In questi paraggi ricade la cosiddetta Villa del Pastore la cui vasta piazza porticata più che le caratteristiche di un peristilio, mostrano quelle di una palestra sia per le enormi dimensioni (troppo vaste per un giardino porticato), sia per l’aula absidata che si apre su di un lato sia per la vasta piscina al centro (il confronto immediato e spontaneo è quello con la Palestra di Ercolano). Qualcosa di simile costituirebbe la cornice architettonica ideale dove ogni archeologo si auspicherebbe di trovare un Doriforo, anche per le suddette analogie espositive con la Palestra di Pompei.
Manca comunque al Doriforo del Minnesota il tassello con la punta e le dita del piede destro, per cui un tale elemento, in futuro – se mai sarà rinvenuto sul posto o comunque reso pubblico – potrà costituire la prova inconfutabile non solo dell’originaria provenienza da Stabia della preziosa scultura, ma forse anche del luogo esatto del suo rinvenimento
Fonte : PositanoNews.it