Venerdi 11 settembre 2020, alle 18.00 presso la sala Dikens dell’Hotel Continentale incontro nell’ambito del…
Venerdi 11 settembre 2020, alle 18.00 presso la sala Dikens dell’Hotel Continentale incontro nell’ambito del ciclo di conferenze organizzato dall’Istituto Tassiano, con Rosario Caputo sulla pittura dell’ottocento napoletano.
L’abruzzese Filippo Palizzi fu tra i «padri» del Realismo napoletano di metà secolo tra i pittori di paesaggio assieme ai pittori «di storia» come Morelli, Altamura e Celentano. Tutti loro puntavano a una riforrna della tradizione accademica che facesse risultare anche più convincenti del «vero»» cose e situazioni soltanto immaginate.
Ma la vera novità sarà rappresentata dalla macchia cromatica come strumento di costruzione delle immagini fissate in nette scansioni luministiche senza dimenticare la loro originaria inclinazione naturalistica per il paesaggio.
Ma la vera novità sarà rappresentata dalla macchia cromatica come strumento di costruzione delle immagini fissate in nette scansioni luministiche senza dimenticare la loro originaria inclinazione naturalistica per il paesaggio.
Dopo il 1860, i toscani daranno vita al movimento dei «Macchiaioli», quale risultato di un processo che escludeva soluzioni di effetti visivi e sentimentali. Nel 1864, si costituirà la Scuola di Resina alla quale aderiranno pittori del calibro di Marco De Gregorio, Federico Rossano, Giuseppe De Nittis, ma anche il toscano Adriano Cecioni e qualche anno dopo, i Siciliani Leto e Lojacono, l’umbro Campriani e il calabrese Santoro.
Un caso a parte, nel panorama della pittura, è rappresentato da Antonio Mancini e Vincenzo Gemito.
Fra i loro soggetti: il mondo dell’infanzia napoletana, dei vicoli e dei “bassi” affollati. La loro permanenza a Parigi negli anni ’70 e i contatti con il mercante Goupil saranno all’origine della loro fortuna internazionale.
Così come troverà fortuna a Parigi Eduardo Tofano, mentre Francesco netti, morelliano, dopo un lungo soggiorno in Francia tra il 1866 e il 1871, si dedica a una serie di soggetti “orientalisti”, che, negli ultimi decenni del secolo, ebbero notevole gradimento tra i collezionisti
Sul finire secolo, il colera e il conseguente risanamento urbanistico permetteranno a Vincenzo Migliaro di dipingere la Napoli che di lì a poco sparirà lasciando la pittura di paesaggio alla parentesi artistica di Pratella e Casciaro. La grande stagione delle Esposizioni Universali e il clima della Belle Epoque suggeri a pittori come Scoppetta, Brancaccio e Caputo di soggiornare a Parigi dove diedero prima vita ad una vera e propria colonia italiana in Francia ed una volta assimilatone l’inclinazione artistica, la reimportarono nel Mezzogiorno d’Italia. Territorio che da anni veniva illuminato dall’estro coloristico di Vincenzo Irolli.
Un caso a parte, nel panorama della pittura, è rappresentato da Antonio Mancini e Vincenzo Gemito.
Fra i loro soggetti: il mondo dell’infanzia napoletana, dei vicoli e dei “bassi” affollati. La loro permanenza a Parigi negli anni ’70 e i contatti con il mercante Goupil saranno all’origine della loro fortuna internazionale.
Così come troverà fortuna a Parigi Eduardo Tofano, mentre Francesco netti, morelliano, dopo un lungo soggiorno in Francia tra il 1866 e il 1871, si dedica a una serie di soggetti “orientalisti”, che, negli ultimi decenni del secolo, ebbero notevole gradimento tra i collezionisti
Sul finire secolo, il colera e il conseguente risanamento urbanistico permetteranno a Vincenzo Migliaro di dipingere la Napoli che di lì a poco sparirà lasciando la pittura di paesaggio alla parentesi artistica di Pratella e Casciaro. La grande stagione delle Esposizioni Universali e il clima della Belle Epoque suggeri a pittori come Scoppetta, Brancaccio e Caputo di soggiornare a Parigi dove diedero prima vita ad una vera e propria colonia italiana in Francia ed una volta assimilatone l’inclinazione artistica, la reimportarono nel Mezzogiorno d’Italia. Territorio che da anni veniva illuminato dall’estro coloristico di Vincenzo Irolli.
Fonte : PositanoNews.it