Stasera, alle ore 20, l’attore napoletano sarà ospite del cartellone cameristico-sinfonico del Teatro Verdi, protagonista dell’ Histoire de Babar di Francis Poulenc
Di OLGA CHIEFFI
Favola protagonista stasera al teatro Verdi, alle ore 20, con il magistero francese di Camille Saint Saens e Francis Poulenc. La serata verrà inaugurata da Le Carnaval des animaux di Camille Saint Saens, affidato ai pianisti Dario Candela, nuovo docente di musica da Camera del nostro conservatorio e Pasquale Iannone, con il Circolo Artistico Ensemble, diretto da Mariano Patti, con Sara Brandi al flauto, Luca Iovine al clarinetto, Giuseppe Carotenuto e Nicola Marino ai violini, Fabio Catania alla viola, Manuela Albano al violoncello, Luigi Lamberti al contrabbasso e Giuseppe Lettiero alle percussioni. Nella sua lunga vita e carriera professionale Saint-Saëns ha scritto centinaia di composizioni e molta musica a soggetto teatrale. “Il carnevale degli animali” fu composto nel 1886 durante un periodo di riposo a Vienna e fu eseguito privatamente nel 1887, per la festa del martedì grasso. Saint-Saëns ne aveva vietato l’esecuzione in pubblico lui vivente, ad eccezione del brano “Il cigno”, rivelatosi presto un grande successo e destinato a diventare il simbolo del nuovo balletto russo nella coreografia di Michel Fokine (1905). La première fu quindi il 26 febbraio 1922, trentasei anni dopo la creazione dell’opera e a un anno dalla morte del compositore. Scritto come scherzo musicale, Il carnevale degli animali divenne noto per i suoi toni umoristici e canzonatori. I 14 brani, tutti molto brevi, ritraggono ciascun animale attraverso una raffinata scelta timbrica e una sapiente orchestrazione. Non mancano riferimenti dichiaratamente satirici e ironici al mondo musicale come nella grottesca raffigurazione dei pianisti o dei critici musicali (personaggi dalle lunghe orecchie). La comicità del brano è data da citazioni esplicite di brani o motivi di celebri musicisti (Offenbach, Berlioz, Rossini). La “Introduction et Marche Royale du Lion”, apre la fantasia, con seriosità marziale interrotti dai gravi ruggiti cromatici. “Poules et Coqs” seleziona i pianoforti per una raffigurazione onomatopeica. La didattica si affaccia in “Hémiones (animaux véloces)”, dove scale e arpeggi hanno il sapore dello studio. In “Tortues” troviamo la citazione del celebre can-can dall’Orfée aux enfers di Offenbach, sul sostegno del primo pianoforte, con un tempo “da tartaruga”, come si suol dire. La “Danza delle silfidi” dalla Damnation de Faust di Berlioz e l’aereo scherzo dal Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn vengono appesantiti dal contrabbasso che, accompagnato dal secondo pianoforte, suona “L’Eléphant”. I salti delle due tastiere si alternano in “Kangourous”. L’armonia cromatica e una timbrica perfetta, gli arpeggi dei pianoforti con “una corda”, creano l’ambientazione spaziale di “Aquarium”. Il pianoforte riprodurrà, quindi, i due violini si alternano nei grandi salti dei “Personnages à longues oreilles”. Ed ecco un altro stereotipo romantico, con “Le Coucou au fond des bois”, dove in primo piano sono gli accordi misteriosi dei due pianoforti (una corda) e, fra le quinte, un martellante intervallo caratteristico. E non meno stereotipate sono le volatine e i rincalzi dei pianoforti, in “Volière”. Fra i tanti animali non mancano i “Pianistes”, che mettono in berlina gli esercizi meccanici, goffamente eseguiti, dei principianti, ogni volta ascendendo di un semitono, con i secchi accordi degli archi. Quanto ai “Fossiles”, è in questo “Allegro ridicolo” che vengono inserite le citazioni più cospicue, ironiche e autoironiche, con la Danse macabre dello stesso Saint-Saëns, le canzoni popolari J’ai du bon tabac, Ah! Vous dirai-je, maman, Partant pour la Syrie, nonché la cavatina della “vipera” dal Barbiere di Rossini. Il brano più celebre è però “Le cygne”; il delicatissimo accompagnamento dei due pianoforti fa nell’originale da sfondo a una melodia lunga e levigatissima, suadente, del violoncello, tutta giocata sulla linearità e sulla capacità di rinviare da semifrase a semifrase l’atteso riposo. Dopodiché, il “Final” è un galop in cui riaffiorano lacerti provenienti da tutta la fantasia, in un carosello sintetico e brillantissimo. Evento clou sarà l’esecuzione dell’ Histote de Babar di Francis Poulenc. Si può suonare una storia? Certo! È quanto la nipotina di Francis Poulenc, annoiata dalla musica “seria”, chiese di fare allo zio musicista presentandogli sul leggio il suo libro preferito, l’Histoire de Babar di Jean de Brunhoff. Nacque così, da una giovanissima “critica”, il celebre melologo per voce narrante e pianoforte che ha reso il coraggioso elefantino uno dei più amati protagonisti della narrativa per l’infanzia. La trama, molto semplice, narra le peripezie di un elefantino nato nella foresta che, dopo la morte della mamma, giunge in città dove entra a contatto con una realtà nuova che suscita nel suo animo un’improvvisa quanto notevole meraviglia. Ritornato nella foresta, Babar che, vivendo tra gli uomini, aveva fatto delle esperienze importanti, ignote agli altri elefanti, viene eletto re degli elefanti. Da accordi improvvisati, tasselli di un mosaico, l’Histoire andrà a ricomporsi nella poetica versione per voce e pianoforte, completata solo cinque anni dopo. Il clima di gioioso intrattenimento musicale che profuma la storia del piccolo elefante non ha bisogno di alcuna preparazione. Poulenc, pianista eclettico, fantasioso e salottiero come pochi altri nel secolo, usa l’ispirazione e i suoni come un illustratore potrebbe usare matite e colori, senza manierati bamboleggiamenti, con la freschezza narrativa d’un nonno bonario e disincantato che le fiabe le ha raccontate sul serio e quindi non ha problemi al momento di fornire loro un’adeguata colonna sonora, come non tradirà la vis comica e affabulatoria di Peppe Barra che incanterà il pubblico presente.
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