Sorrento – Giunta a Sorrento per ricevere il premio “Fashion Gold” per l’editoria, nell’ambito della kermesse “Fashion Gold party” organizzata dall’agenzia “Moda Gold” di Alfonso Somma, la giornalista Laura Avalle ha presentato la sua ultima fatica letteraria, il volume “Vita io ti aspetto” (Giuliano Ladolfi editore) in cui racconta vita e amore alla figlia Deva che portava in grembo e che oggi ha 9 mesi. Avevamo lasciato Laura, direttore dei periodici “Vero salute”, “Vero cucina” e “Rakam” a Vico Equense nel 2016, quando, a margine del “Social World Film Festival”, presentò il suo libro “Le altre me” (La lepre edizioni), in cui eros e trasgressioni si intrecciano a formare la risposta italiana a “50 sfumature di grigio”. Oggi la ritroviamo dopo oltre un anno, moglie, madre e con tanta voglia di raccontare il suo recente vissuto divenuto prima dialogo privato con la figlia e quindi libro.
L’ultima volta ti ho lasciata con il libro “Le altre me”, romanzo basato su una storia vera che trattava molto di eros. Quest’ultima opera invece è, per forza di cose, privata, familiare, intimista…
“È un libro molto diverso e rappresenta non solo una diversa sperimentazione artistica ma anche un vissuto personale, al contrario del precedente che rientra comunque nel campo della fiction, pur se ispirato ad una storia vera. Prima o poi scriverò il sequel de “Le altre me” che ha avuto uno straordinario successo mediatico grazie al quale ho conosciuto mio marito Davide. Lui vide la recensione del volume su un giornale locale, prese delle informazioni su Internet su di me e sul mio percorso professionale e mi contattò su Facebook per chiedermi se fossi interessata ad una presentazione a Fossano, la sua città, di cui è anche sindaco. Io ero onorata ed entusiasta, per me era come tornare a casa. La presentazione aveva anche un grande valore sentimentale visto che Fossano dista solo 10 chilometri da Cervere, il mio paese natale. Da qui il nostro primo incontro, assolutamente professionale, ciascuno nel rispetto dei propri ruoli. A me lui è piaciuto subito e nessuno sapeva che l’altro lo ricambiava. Poi avevamo i reciproci contatti e da cosa nasce cosa. Nel giro di un anno ci siamo sposati e siamo diventati genitori di Deva. Posso ben dire che il mio libro “Le altre me” mi ha cambiato la vita”.
Deva, ancor prima di nascere, è la tua interlocutrice in “Vita io ti aspetto”, dialogo tra donne che si sentono ancora prima di conoscersi…
“Mi piace dire che questo ultimo libro è stato scritto “di pancia”, dialogavo con lei come se già fosse di fronte a me. Non è un trattato sulla maternità anche se le racconto mese per mese cosa accadeva, i miei stati d’animo, le ansie, le paure, i problemi fisici, come io e il padre ci preparavamo ad accoglierla. Soprattutto io cerco di raccontare a Deva cosa sono vita e amore. L’amore non è avere le farfalle nello stomaco, bensì è riconoscersi attraverso gli occhi di un’altra persona e decidere di camminare insieme fino alla fine dei propri giorni”.
Cerchi anche di mettere in guardia tua figlia da quello che amore non è, e da giornalista, ti agganci all’attualità…
“Parlando dell’amore spiego a Deva che chi ti ama davvero vuole proteggerti, non ti picchia, non ti insulta, non ti tratta male e da qui affronto un tema purtroppo attuale, quale quello della violenza sulle donne. Argomento che per me fa tutt’uno con la battaglia per la parità dei sessi”.
A questo proposito hai lottato con tuo marito e alla fine ottenuto che Deva portasse entrambi i cognomi…
“Ci tenevo molto perché avere entrambi i cognomi è simbolo di identità e delle proprie radici familiari. Purtroppo in Italia la legge è ancora ferma in Parlamento e sono riuscita nel mio intento grazie a mio marito che si è adoperato per fare richiesta ed ottenere i documenti. Molti comuni non sono attrezzati con questa modulistica e bisogna farne richiesta. Però purtroppo si tratta di una tematica il cui significato culturale non è ancora ben compreso dalle stesse donne, come accadeva tanti anni fa col diritto di voto da cui fino a qualche decennio fa erano ancora escluse”.
Quando hai scritto il libro eri gestante. Sognavi, immaginavi, avevi paura non sapendo cosa sarebbe successo. Oggi sei madre da 9 mesi. Qualcosa si è dimostrato diverso da come te lo aspettavi? Cosa hai imparato in questo periodo da Deva?
“Il miracolo della vita l’ho sentito subito nel mio ventre ma quando ho visto per la prima volta Deva negli occhi è stata un’emozione difficile da spiegare. Lì ti accorgi di quanto la vita sia un dono meraviglioso, siamo piccoli e grandi nello stesso momento, è come vivere una seconda volta attraverso gli occhi di un altro individuo che ti fa venire alla mente tante cose anche relative alla tua infanzia. Da gestante ti lasci trascinare dall’immaginazione, poi, dopo il parto, hai davanti a te tua figlia per come realmente è. Dopo 9 mesi in pancia, adesso sono 9 mesi che sto con lei e vedo quanta fatica e quanta caparbietà mette nell’imparare a stare in piedi. Prova e riprova nonostante la cadute, con uno spirito guerriero da cui noi adulti possiamo solo imparare. Tutti siamo stati bastonati dalla vita, abbiamo avuto le nostre cadute e ricominciare da grandi non sempre è semplice. Ma l’applicazione e la testardaggine dei bambini possono essere di grande esempio. Ecco, credo che i bimbi siano dei grandi maestri. Abbiamo tanto da imparare e reimparare da loro visto che molte cose le abbiamo dimenticate nel corso della vita”.
Nel libro parli a tua figlia anche dell’importanza dei viaggi per arricchirsi ma senza mai dimenticare le proprie radici…
“Viaggiare è come prendere una seconda laurea. È un arricchimento enorme approcciare altre realtà con abitudini e mentalità differenti. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia dove mi sono stati insegnati i veri valori della vita. Mentre mio padre mi ha insegnato ad apprezzare il filo d’erba che cresce sotto casa, mia madre mi ha sempre spinto a viaggiare, sperimentare. Uno mi ha insegnato a guardare da vicino, l’altra a guardare da lontano. Queste due cose insieme mi hanno fatto capire l’importanza del viaggiare e del tornare arricchita da nuove esperienze perché solo così puoi anche apprezzare meglio quello che hai”.
Nel libro ci sono anche due capitoli scritti da tuo marito, hai coinvolto anche lui nella passione per la scrittura…
“Mio marito ha una penna molto fertile, è un uomo molto sensibile, ed è regista. Insieme ci completiamo pure nell’aspetto artistico, anche ora che sono impegnata in un nuovo libro che dovrebbe vedere la luce nel 2018 e che farà parlare sicuramente tanto”.
Abbiamo accennato prima all’incontro tra tradizione e modernità dei social network. Questi, se da un lato sono una grande opportunità, possono nascondere anche dei pericoli come cerchi ci far capire a Deva con questo libro. Alla luce del mondo di oggi, ascoltando le cronache ed essendo genitori di una femminuccia, sia tu che Davide avrete le vostre paure. Come vedi questo mondo su cui Deva si sta affacciando? Sei preoccupata?
“Cerco di essere positiva ed ottimista, amo la vita altrimenti non avrei mai potuto scrivere un libro dal titolo “Vita io ti aspetto”. Cerco di affrontare piccole e grandi preoccupazioni sempre con sorriso e propositività, ma questo non vuol dire essere sprovveduti. Bisogna sapere che ci sono realtà da cui guardarsi: conoscere il mondo e alcuni fenomeni permette di sapere dove e quando fermarsi, stando attenti alle scorciatoie che possono essere pericolose. Nella vita nessuno ti regala nulla. Se si vuole qualcosa bisogna lavorare sodo, onestamente e seriamente perché alla fine essere brave persone paga sempre. Io ci credo ancora nonostante la realtà che vediamo e leggiamo tutti i giorni. Purtroppo anche noi giornalisti sappiamo bene che è la brutta notizia quella che fa notizia, anche in questo ci vorrebbe un cambio di mentalità”.
A proposito del mondo di oggi, tu dedichi una parte del libro anche all’Italia che non è un Paese per donne, la difficoltà di conciliare maternità e lavoro. Che esperienza è stata per te?
“Quando ho dovuto dire alla mia azienda che ero incinta mi sono sentita quasi in colpa perché avevo paura di essere percepita come una donna che non si sarebbe più applicata sul lavoro. Ho avuto una bella gestazione, ho potuto lavorare fino all’ottavo mese. Un figlio ti cambia la vita, non ti toglie nulla, anzi ti arricchisce. Oggi grazie a tanti aiuti, tra cui in primis famiglia e nonni che sono sempre presenti, una donna può permettersi di essere non solo mamma ma anche lavoratrice. Il mio lavoro è importante, ho fatto tanta gavetta non avendo santi in paradiso e non essendo figlia di giornalisti. Già durante l’università non mi sono mai risparmiata. A 20 anni ho iniziato a Torino su Rete 7, un’emittente locale. Da lì ho avuto l’opportunità di andare a Milano con “My tv”, la prima web tv italiana con la direzione artistica di Lucio Dalla, quando ancora non esistevano Youtube e i social network. Era una realtà molto importante della Rcs. Poi purtroppo, dopo l’11 settembre, c’è stato il crollo della new economy e mi sono reinventata, collaborando con radio importanti tra cui Rtl. Da qui sono approdata alla carta stampata, al quotidiano “Libero” e vari altri giornali di salute, ramo in cui mi sono specializzata. Questo finché sono approdata al gruppo “Vero” dove ho iniziato dapprima come collaboratrice quindi come giornalista interna e, dall’oggi al domani, mi sono trovata direttore.
Nel libro tu e Davide dite a Deva “tieni presente i nostri insegnamenti ma al tempo stesso dimentica tutto”. Appunto ti chiedo: quanto si può insegnare la vita e quanto invece tocca all’esperienza personale, tramite prove ed errori?
“La vita va vissuta, non esiste un manuale con le istruzioni ma è giusto dare delle indicazioni, dire dove fare attenzione. Viviamo in un mondo reale, non immaginario, in cui ci sono sempre due facce della medaglia, bene e male, positivo e negativo. Deva dovrà fare le sue esperienze ma anche sapere dove andare a parare, noi ci saremo sempre per aiutarla a capire il bene, il male e ad essere una persona brava e sensibile. La sensibilità per me è molto importante”.
Cosa ti auguri per il futuro di tua figlia?
“Mi auguro che sia una persona felice. Qualsiasi cosa vorrà fare noi sicuramente l’appoggeremo in tutto. Dovrà capire da sola qual è la sua strada, il dono che le è stato dato. Io, ad esempio, grazie alla maestra delle elementari, ho capito che il mio dono era la scrittura che nel tempo è diventata non solo un lavoro ma anche una terapia, un modo per rilassarmi e scaricarmi dalle tensioni. Starà a Deva scoprire il suo talento e coltivarlo con il nostro aiuto”.
L’articolo Laura Avalle: “Con “Vita io ti aspetto” spiego vita e amore alla mia bambina” proviene da Positano News.