Inaugurata a Paestum sabato scorso la mostra sulle Armi di Athena al termine di un Convegno Internazionale di Studi tenutosi presso l’Università degli Studi di Salerno ed il Museo Archeologico Nazionale di Paestum dal 23 al 25 novembre.
Il Convegno sulle Armi Votive in Magna Grecia e la mostra sono l’esito finale di una stretta e fruttuosa collaborazione tra il Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università di Salerno, diretto da Mariagiovanna Riitano, il Parco Archeologico di Paestum, diretto da Gabriel Zuchtriegel, e dal Roemisch-Germaisches Zentralmuseum di Mainz. Il convegno, al quale hanno partecipato specialisti italiani, francesi, tedeschi, spagnoli (Carmine Ampolo, Emanuele Greco, Mario Lombardo, Massimo Osanna, Pietro Giovanni Guzzo, Angela Pontrandolfo, Holger Baitinger, Olivier de Cazanove, Maria Cecilia Parra, Massimo Cardosa, Angelo Bottini, Alessia D’Antonio, Luca Cerchiai, Maria del Mar Martinez Gabaldon, Adriano La Regina, Gianluca Tagliamonte, Raimon Graells e Fausto Longo) ha affrontato il tema delle armi offerte nei santuari della Magna Grecia: scudi, elmi, lance, giavellotti, frecce.
Anche il santuario urbano settentrionale di Paestum, lo spazio sacro dedicato ad Athena, riceveva offerte di armi; alcune di esse, restaurate e ricostruite, sono ora esposte al Museo di Paestum in una mostra che sarà aperta fino al 31 marzo 2018. Dopo anni di ricerche e di studio Fausto Longo, professore di archeologia dell’Università di Salerno, e la sua équipe hanno recuperato migliaia di frammenti metallici in bronzo e in ferro, in gran parte corrosi dal tempo, scavati negli anni ’20, ’30 e ’50 e poi conservati in casse per oltre sessanta anni; grazie ad un lungo lavoro gli archeologi sono riusciti non solo a ricostruire le armi (scudi, di cui uno ricostruito in plexiglas nella sua forma originale, elmi, lance, giavellotti e poi ancora corazze, elmi e schinieri miniaturistici), ma è stato possibile riannodare i fili di una storia che sembrava irrimediabilmente perduta. Lo scavo nei magazzini e in archivio ha infatti permesso di ricostruire il tempio più antico dedicato alla dea, quello del 580-570 a.C., sulle cui pareti erano appese le armi. Non conosciamo le ragioni di quell’incendio; sapiiamo che subito dopo fu realizzato il tempio dorico che ancora oggi ammiriamo, il cd. Tempio di Cerere, immortalato in tante stampe settecentesche che hanno diffuso il gusto del dorico in Europa. Quell’incendio, disastroso per la città, ha permesso la conservazione del materiale che oggi racconta una nuova pagina di storia della città di Poseidonia-Paestum.
Chi vuole può approfondire il tema della mostra grazia ad un corposo catalogo di 250 pagine a cura di Raimon Graells (RGZM), Fausto Longo (Dispac-Unisa) e Gabriel Zuchtriegel (PAE – Paestum) arricchito anche con le splendide foto a colori del maestro Michele Calocero.
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