Martedì 19 dicembre nella Chiesa del SS.mo Crocifisso, alle ore 20, il secondo appuntamento della III edizione i “Concerti in Luci d’Artista”, la sezione invernale dei “Concerti d’estate di Villa Guariglia in Tour”, firmata da Antonia Willburger
Di OLGA CHIEFFI
Secondo appuntamento, questa sera, della edizione 2017 di “Concerti in Luci d’Artista”, la sezione invernale dei “Concerti d’estate di Villa Guariglia in Tour” che quest’anno propone un percorso di otto appuntamenti. A firmarne l’organizzazione è il CTA di Salerno, l’Associazione “Amici dei Concerti di Villa Guariglia” in collaborazione con il Conservatorio di Musica “Giuseppe Martucci” di Salerno ed il contributo e patrocinio del Comune di Salerno. Dopo l’anteprima dello scorso 5 novembre con il sassofonista Federico Mondelci e la Sonora Sax Junior Orchestra, e il bagno di folla per il debutto dei 4 Evers Tenors del Conservatorio “Giuseppe Martucci” di Salerno con Ernesto Pulignano al pianoforte, in un teatrale concerto sulle abitudini e i vizi dei tenori, domani, alle ore 20, doppio concerto, nella Chiesa del Santissimo Crocifisso, con un omaggio alla coralità, in una magica “Notte di Luce”. La musica corale è stata affidata al Coro Polifonico Casella, diretto da Caterina Squillace, che spazierà da Lotti a Kodaly, sino a Dvoràk e Leontovich, e al Coro Armonia guidato da Vicente Pepe, che si cimenterà col gospel, tradizione colta e radici afro-americane, si uniranno in un originale progetto. Ad aprire la serata il Corpo Polifonico Casella diretto da Caterina Squillace che annovera, tra i soprani, Giovanna Annunziato, Maria Brucale, Patrizia De Mascellis, Mena Iacobelli, Anna Maria Muzzillo e Daniela Natella; tra i contralti Luisa De Ferrante, Daniela Delvecchio, Anna Maria Gammaldi, Rossana Graziano e Marilena Troìa. Tra le voci maschili, i tenori Michele Buonocore, Vincenzo Caroniti e Giuseppe Falciani e i bassi Antonello Amato, Giuseppe Di Napoli, Aristide Fiore, Riccardo Gammaldi, Piero Sacco e Eugenio Vicinanza, con un programma di brani che prevede una prima parte dedicata alla figura della Vergine Maria, grazie alla quale si compie l’avvento del Messia. Si comincia con “Regina coeli” di Antonio Lotti, un mottetto sacro a quattro voci, a cappella. Le parole del canto ricalcano parte della preghiera del Regina Coeli, orazione pasquale che viene abitualmente recitata al posto dell’Angelus fino alla Pentecoste, spiccata cantabilità e freschezza, rappresentano la risposta tanto semplice quanto autentica dell’intero popolo di Dio al cantico di Maria. Seguono due “Ave Maria”: la prima composta nel 2000 da Giancarlo Aquilanti, una commistione esotica ed unica al tempo istesso e l’altra dall’argentino Camilo Matta dalla profonda aura mistica. Per finire, “Regina coelorum” di Marco Ferretti, un’eterea composizione che privilegia i timbri più chiari, e “Alma redemptoris mater” di Orlando Di Piazza una pagina raffinata dalla scrittura semplice ed elegante, che racchiude un melodizzare espressivo e coinvolgente. Si passerà, quindi, a una sequenza di brani incentrata sul Natale, con due canti arrangiati da Rosario Peluso, “Notte di luce”, che dà il titolo all’intero concerto, è introdotto dalla versione italiana di “O little town of Bethlehem”. La contemplazione del prodigio della Natività, palesatosi davanti a tutti gli esseri viventi (gli animalia del testo latino) è espressa dall’avvicendarsi di stati di sospensione, meraviglia e trionfo che caratterizzano “O magnum mysterium” (2000), una versione dell’omonimo responsorio di Natale musicata dal venezuelano César Alejandro Carrillo. Dall’ambientazione presepiale, sebbene trasfigurata in un’aura mistica, si passerà alla figura simbolica del viandante, colto all’improvviso dalla notte, che invoca speranza e consolazione, metafora di tutti coloro che sono in cerca di un senso e di un incoraggiamento, con “Esti Dal” (“Canto della sera”), un canto popolare ungherese nella versione di Zoltàn Kodàly, gusto e di sensibilità tipicamente magiare in cui la riattivazione dei vecchi “modi” ecclesiastici, annidati proprio nelle pieghe del canto popolare è l’uscita di sicurezza dalla crisi romantica. Una sorta di stupore e di rapimento in estasi per la natura si protrarrà attraverso le note di “Napadly Písně” (op. 63) di Antonìn Dvořák, evocante la campagna ceca e lo spirito della sua gente. Concluderà questa parentesi dedicata all’Europa dell’est “Nell’umile silenzio”, la rielaborazione di un canto popolare polacco (“Mizerna Cicha”), tradotto e armonizzato da Marco Crestani.“Cancion azul de cuna”, una soave ninna nanna dello spagnolo Emilio Solè, venezuelano d’adozione, allude alla presenza del Bambino Gesù, il cui arrivo è infine annunciato da due canti tradizionali del mondo anglosassone: “God Rest You Merry, Gentlemen”, un tradizionale canto natalizio inglese del XV-XVI secolo, citato anche ne “A Christmas Carol di Dickens, che ascolteremo nella versione corale di David Willcocks, e “Ring Christmas bells!” di Mykola Leontovich, famoso per il suo motivo ostinato di sole quattro note, per chiudere tra la neve ucraina. Il coro Casella lascerà la ribalta al Coro Armonia di Vicente Pepe, che dedicherà al pubblico delle luci i più amati temi del canto gospel e spirituals, diretta conseguenza di quel processo di evangelizzazione delle comunità nere, tentato dal Cristianesimo nei confronti di popolazioni sradicate dalla loro terra e condannate a vivere in condizioni di schiavitù. Persone letteralmente spogliate da ogni diritto di essere umano che riversavano nel canto e nella preghiera a Dio tutto il dolore per le umiliazioni subite e allo stesso tempo la speranza che un giorno tutto quel dolore cessasse. Cantavano per darsi il ritmo nelle dure e interminabili giornate di lavoro nei campi, cantavano per poter comunicare con i propri fratelli in un linguaggio in codice per pianificare tentativi di fuga, o adunanze. Cantavano per farsi forza e mantenere la loro dignità di esseri umani che gli schiavisti bianchi facevano di tutto per cancellare. Vedevano in Gesù un amico, un alleato, un’entità alla quale aggrapparsi con tutte le loro forze per credere che un giorno, presto o tardi, quella condizione al limite delle possibilità umane sarebbe finalmente cessata, dando loro la tanto sospirata libertà. “Gospel” voce dello spirito, ma anche delle viscere, questo lavoro odora di solidità e sedimenti profondi, la canzoni non sono improvvisazioni o riempitivi, ogni pezzo compone il puzzle con una caratteristica unica, il cui risultato sarà profondo e tenue, piacevolmente memorabile. Dopo un medley dedicato al Natale, in cui si spazierà dalla “Ninna nanna” di Brahms a “Suonno Suonno” firmato da Granozi –Di Florio, seguirà una serie di tradizionali, da “We shall overcome” all’ “Halleluja” di Cohen, passando per O down, Moses e Poor wayfaring stranger, un tuffo nell’anima nera dell’America, fatta di compassione, sacrificio, tolleranza, sopportazione, sino alle attese “J will follow him” e “Oh Happy day”, guidando il pubblico attraverso un itinerario immaginario verso le radici di questo genere musicale, trasmettendo un messaggio di pace e solidarietà che va oltre tutte le frontiere.
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