Fortunato Calvino, uno dei massimi maestri dell’arte drammaturgica italiana, porta in scena in prima nazionale…
Fortunato Calvino, uno dei massimi maestri dell’arte drammaturgica italiana, porta in scena in prima nazionale al Teatro Nuovo di Napoli, mercoledi 20 alle 21,30 e giovedi 21 giugno alle 19, la attesissima commedia “Fuoriscena”, con due mostri sacri del teatro nazionale, Gino Rivieccio e Antonella Morea. Lo spettacolo, inserito nel cartellone del Napoli Teatro Festival 2018, vede l’incontro-scontro tra Gloria, una grande attrice che ora, sul viale del tramonto, vive col suo amato gatto Amleto tra ricordi e solitudine e Manuele, il suo vicino d’appartamento gay, che ospita in casa giovani effimeri amori a pagamento, verso il quale la donna nutre radicati preconcetti e innata diffidenza. A causa del gatto di Gloria, che si intrufola nell’appartamento del vicino, i due sono costretti a parlarsi e, a poco a poco, si abbassano le reciproche difese e pregiudizi per dare inizio a una conoscenza che li porta a capire che in comune hanno molto, soprattutto il peso di una solitudine che è il risultato di errori resi non più rimediabili dal tempo inesorabilmente passato e un misto di angoscia e malinconia che è denominatore comune di tanti anziani oggi. Gloria, che ha terrore di finire in ospizio, sconta il suo comportamento sprezzante e crudele quando era un’attrice famosa, Manuele l’emarginazione della sua condizione condannata dalla cultura omofobica imperante. La commedia, di taglio brillante ma con temi profondi, procede con ritmo incalzante con i due protagonisti che si scontrano come due pugili su un ring senza esclusione di colpi con frasi feroci, taglienti come coltelli, mirate apparentemente a distruggere l’avversario ma che in fondo ne svelano le intime fragilità. “Fuoriscena” finisce per diventare una riflessione sulla terza età, sulla paura della solitudine, sulla necessità di prendere coscienza che il proprio tempo è al termine, ma non termina certo la forte voglia, profondamente umana, di essere felici. Felicità che dovrà essere cercata in direzioni diverse dal passato, nell’amicizia disinteressata e nella solidarietà senza limiti d’età. La società attuale ha un problema con gli anziani, e Calvino, con la sua rara sensibilità che lo ha sempre reso un precursore, nella sua arte, dei temi che poi sarebbero esplosi (pensiamo solo alla camorra e all’usura col suo pluripremiato “Cravattari”) ne ha colto perfettamente il senso. In passato la figura dell’anziano godeva di un importante riconoscimento sociale e culturale in nome del suo patrimonio di conoscenza ed esperienza di vita, tanto che ai “grandi vecchi” venivano riservati i posti più elevati della scala sociale e politica, come il sommo sacerdote i cui consigli erano tenuti in massimo conto dal popolo. Invece, al giorno d’oggi, invecchiare è diventata la peggiore bestemmia che possa essere lanciata a un individuo, capace di relegarlo in una condizione di emarginazione e mal-sopportazione in quanto non più bello, attraente, produttivo, veloce, come oggi la società impone quali must di successo e accettazione sociale. Con spietato cinismo, l’anziano oggi sembra spesso conservare un suo valore nella famiglia solo fino a che è utile all’economia familiare, altrimenti il suo destino è approdare in una casa di riposo, come paventa la Gloria dell’amara commedia di Calvino. Casa di riposo percepita spesso dall’individuo come triste contenitore dove scontare i giorni fino alla fine. E allora, anche una commedia, col potente linguaggio universale delle emozioni, può diventare spunto per riflettere su una società che, apparentemente sempre più ricca di strumenti di comunicazione e inclusione, in realtà ci rende sempre più soli ed esclusi allorchè “fuori scena”, fuori dal ciclo della produttività e dal culto del benessere, dallo spietato circo dei nostri tempi senza amore. (Carlo Alfaro)
Fonte : PositanoNews.it