Venerdì prossimo, 5 aprile, alle 17.00 al museo Correale c’è la presentazione del VII canto…
Erminia, travestita da Clorinda, sfuggita all’inseguimento di Poliferno, vaga senza meta, all’interno di una selva, per tutta la notte ed il giornoseguente, finché verso il tramonto giunge sulla rive del fiume Giordano e, spossata, si addormenta. Si sveglia all’alba tra il cinguettio degli uccelli ed il canto di pastori, accompagnato dalla musica di zampogne. Seguendone la traccia si imbatte in un vecchio seduto all’ombra, in mezzo al suo gregge di pecore mentre sta intrecciando un c si vedste da pastorella e cestino di vimini ed ascoltando il canto di tre fanciulli. Erminia si meraviglia che siano rimasti, nonostante il loro paese sia minacciato dalla guerra. Il vecchio risponde che non possiede nulla e che quindi non ha nulla da temere dall’avidità dei guerrieri; quindi accetta la richiesta di ospitalità della donna e la conduce da sua moglie. Ermina indossa abiti rozzi, comincia a condurre la stessa vita di quella gente umile che la sta ospitando e spesso nelle ore più calde dell’estate passa il tempo ad incidere sui tronchi degli alberi il nome di Tancredi.
Intanto Tancredi, inseguendo Erminia nella foresta, perde ben presto le tracce della ragazza e decidere di tornare indietro. Seguendo, al chiarore di luna, un rumore, giunge ad una sorgente e invoca il nome di Clorinda a cui, però, risponde solo l’eco. All’alba, ricordandosi che si sta avvicinando il giorno della ripresa del duello con Argante, riprende il cammino ed incontra un cavaliere a cui chiede la strada. Esso dichiara di essere stato inviato da Boemondo all’accampamento dei Crociati. Non sospettando l’inganno, Tancredi lo segue. I due uomini arrivano ad un castello, che il messo dice essere stato tolto recentemente ai pagani dal conte di Cosenza e quindi essi vi potranno riposare tranquillamente, fino all’indomani. Veramente, Tancredi ha qualche sospetto perché il castello è troppo ben munito. Ma ecco apparire sul ponte un guerriero minaccioso che, con la spada in pugno, dichiara che quello è il castello di Armida ed invita Tancredi a costituirsi prigioniero o a rinnegare la propria fede per combattere contro i Crociati. Tancredi riconosce nel guerriero l’ex crociato Rambaldo di Guascogna che era partito con Armida ed aveva rinnegato la fede cristiana. Vistosi riconosciuto, Rambaldo diventa pallido di vergogna e di timore, ma non esista a rispondere a Tancredi in modo minaccioso e ad ingaggiare un duello contro Tancredi. Invano tenta di fuggire, ma ogni tentativo è inutile perché Tancredi è ormai prigioniero di Armida. Tancredi si dispera perché così non potrà più rivedere Clorinda e non potrà nemmeno riprendere il duello contro Argante.
Intanto Argante, la notte prima del duello non riesce a chiudere occhio. All’alba si fa portare la sua armatura, la indossa e scende a precipizio verso il luogo del duello. Da parte sua Goffredo è molto preoccupato per la defezione dei suoi migliori cavalieri: di Tancredi non si sa più nulla, Boemondo è lontano, Rinaldo e partito volontariamente in esilio e molti cavalieri hanno seguito Armida. Inoltre tutti gli altri sono presi dalla paura. Per questo motivo, intende scendere personalmente in campo per salvare l’onore dei Cristiani. Ma il vecchio Raimondo di Tolosa lo ferma offrendosi lui di scendere in campo al suo posto. Questo nobile esempio di coraggio rincuora i guerrieri, ma Goffredo non desiste dalla sua decisione; alla fine decide di individuare per sorteggio chi scenderà in campo. La sorte indica Raimondo che tanto aveva insistito per essere incluso fra i nomi da estrarre. Il duello inizia, tuttavia Dio invia l’Angelo custode in soccorso del conte Raimondo. La lotta si fa feroce ed entrambi i duellanti mostrano valore. Decisivo sono i molteplici interventi dell’Angelo custode a favore di Raimondo: una volta fa deviare la lancia nemica che cadendo a terra si spezza, un’altra para con lo scudo un terribile fendente. Tuttavia il vecchio conte, insieme al cavallo Aquilino, mette in mostra il suo valore: ferisce più volte l’avversario e colpisce Argante sull’elmo. Allora, Belzebù, vedendo il suo fedele in difficoltà, pensa di venirgli incontro. Forma un fantasma con le sembianze di Clorinda e lo invia da Oradino, un famoso arciere, per convincerlo a lanciare a tradimento una freccia contro Raimondo, dall’alto delle mura da cui osserva la scena. Ma anche questa volta interviene l’Angelo custode perché la freccia colpisce il conte, solo superficialmente. Raimondo, pieno di sdegno rimprovera Argante di non aver rispettato le regole del duello e Goffredo, che ha assistito alla scena, dal canto invita i suoi a vendicare l’infrazione. Sorge così una zuffa generale, che vede vittorioso l’esercito crociato. Questo episodio avrebbe segnato la vittoria definitiva dei Cristiani se l’Inferno non fosse corso in aiuto degli Infedeli, scatenando un terribile temporale. I Crociati sono costretti ad arrestare il loro impeto perché hanno la tempesta in faccia, mentre Clorinda, che si trova la tempesta alle spalle, approfitta di un momento di sosta per riportare i suoi soldati all’assalto ed anche Argante corre in suo aiuto seminando una strage. In tal modo, i Cristiani, battuti sia dagli Infedeli che dai dèmoni, sono costretti alla ritirata. Solo Goffredo certa di resistere, ma inutilmente.
Erminia fugge per tutta la notte e il giorno seguente; alla fine stanca si addormenta. Al risveglio vede un vecchio, che l’accoglie paternamente. Intanto Tancredi, va in cerca della creduta Clorinda, ma vista vana ogni ricerca, decide di tornare al campo cristiano, anche perché è vicino il giorno in cui dovrà riprendere il combattimento con Argante. Incontra un uomo che sembra un messaggero e gli chiede la via per il campo cristiano; il messaggero dice che è diretto proprio là inviato dallo zio Boemondo. Insieme giungono ad un castello, cinto da un sozzo rivo: è il castello incantato di Armida. Tancredi riconosce il messo: Rambaldo, uno dei dieci che era partito con Armida e per suo amore aveva abiurato la religione cristiana facendosi pagano. I due mettono mani alle spade e a fatica Armida accorre in aiuto di Rambaldo facendolo scomparire nel buio, Tancredi varca una porta e si trova intrappolato in una stanza. mentre Tancredi s’affligge, Argante attende spasmodico l’alba del sesto giorno per riprendere il combattimento con l’eroe cristiano. Tutto è pronto, ma di Tancredi nessuno sa nulla e altri eroi cristiani mancano all’appello. Si offre allora lo stesso Capitano Goffredo, ma glielo impedisce Raimondo, che si prepara a combattere; Goffredo allora propone che il nome sia scelto a caso, estraendo il nome da un’urna: la sorte sceglie proprio Raimondo di Tolosa. Raimondo sale sul suo cavallo Aquilino prega e Dio gli manda in aiuto un angelo; intanto comincia il combattimento dopo gli scherni di Argante che cerca Tancredi, mentre le mura si riempio di gente. Si spezza la lancia al primo assalto. A un ennesimo colpo va in frantumi la spada di Argante. Comincia il corpo a corpo finale, e a questo punto Belzebù decide di aiutare Argante, trasformando un’ombra leggera nelle sembianze di Clorinda e facendola apparire ad Oradino, spingendolo a colpire Raimondo con una freccia. Il patto viene così violato e scoppia la battaglia fra i due eserciti. Le forze cristiane stanno per prevalere, ma un improvviso acquazzone blocca tutte le operazioni. Interviene infine Clorinda che spinge i suoi al contrattacco, ma la pioggia blocca ogni combattimento.
Argomento |
Fugge Erminia e un pastor l’accoglie; intanto Tancredi in van di lei cercando, il piede Pon ne’ lacci d’Armida: il fero vanto D’Argante riprovar Raimondo ha fede: Però difeso da custode santo Seco entra in campo: Belzebù, che vede Ch’al Pagan male il folle ardir riesce, Per lui salvar guerra e procelle mesce. |
Fonte : PositanoNews.it